Oggi più che mai, “siamo tutti chiamati a vigilare come sentinelle della vita buona ed a renderci interpreti di un nuovo protagonismo sociale, improntando la nostra azione alla ricerca del bene comune e fondandola sui saldi principi della solidarietà e della sussidiarietà”. Idee che ritroviamo anche nel libro che oggi presentiamo.
Ma che alle buone intenzioni predilige soffermarsi sugli elementi portanti di una nuova economia, assumendo la prospettiva di chi “ci sta provando” e non solo profetizzando “il nuovo che avanza”.
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Premessa di Luca Caputo e presentazione del 21° corso – 10′ 00″
Introduzione di Andrea Ferrari a Marco Morganti – 20′ 40″
Relazione di Marco Morganti – 1h 12′ 38″
Domande del pubblico – 08′ 38″
Risposte di Marco Morganti – 26′ 40″
Domanda dal pubblico – 04′ 54″
Risposta di Marco Morganti – 10′ 42″
Domanda dal pubblico – 03′ 12″
Risposta di Marco Morganti – 05′ 02″
Domanda, risposta e chiusura della lezione – 05′ 17″
Introduzione di Andrea Ferrari a Marco Morganti
Il 21° corso di formazione dei Circoli Dossetti inizia in un momento così globalmente complesso – ove la deriva valoriale verso un nichilismo populista sempre più imperante e l’incapacità delle classi politiche di costruire soluzioni concrete – che si fa necessario l’impegno di tutte le persone di buona volontà; impegno al fine di sorpassare questa paralisi al contempo liquida e strutturale, stabilizzatasi su leaderismi fini a sé stessi che propugnano irrealizzabili speranze di breve termine; impegno che necessità di ricordarci i valori laici (e per ciò cristianamente adulti) e di rimetterli al centro delle nostre azioni quotidiane. A partire da quelle economiche.
Ci vengono incontro a riflettere su ciò, la Congregazione per la Dottrina della Fede e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che nel 2018 hanno steso un nuovo documento che raccoglie delle “considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario” (Oeconomicae et pecuniariae quaestiones) che possiamo sintetizzare nell’affermazione “Il denaro deve servire, non governare“
Nel testo si afferma che “La recente crisi finanziaria poteva essere l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria, neutralizzandone gli aspetti predatori e speculativi e valorizzandone il servizio all’economia reale”. Nonostante “sforzi positivi a vari livelli”, non c’è stata “una reazione che abbia portato a ripensare quei criteri obsoleti che continuano a governare il mondo”.
Aspetto che, facendo riferimento alla dottrina abramitica, si lega strettamente al lucro: “lucrare sfruttando la propria posizione dominante con ingiusto svantaggio altrui o arricchirsi generando nocumento o turbative al benessere collettivo” è una cosa deplorevole.
E tale prassi lo è particolarmente dal punto di vista morale dato che “il mero intento di guadagno da parte di pochi – magari di importanti fondi di investimento – mediante l’azzardo di una speculazione volta a provocare artificiosi ribassi dei prezzi di titoli del debito pubblico, non si cura di influenzare negativamente o di aggravare la situazione economica di interi Paesi”.
A destare preoccupazione, in particolare, è il dilagare, anche in ambito economico, di quella che Papa Francesco definisce “cultura dello scarto”. “È in gioco – si ricorda nel documento – l’autentico benessere della maggior parte degli uomini e delle donne del nostro pianeta, i quali rischiano di essere confinati in modo crescente sempre più ai margini, se non di essere esclusi e scartati dal progresso e dal benessere reale, mentre alcune minoranze sfruttano e riservano per sé soltanto ingenti risorse e ricchezze, indifferenti alla condizione dei più”.
Infatti, in un contesto segnato da profonde disuguaglianze è necessario un ripensamento dei modelli economici. “É perciò giunta l’ora – si osserva nel testo – di dar seguito ad una ripresa di ciò che è autenticamente umano, di allargare gli orizzonti della mente e del cuore, per riconoscere con lealtà ciò che proviene dalle esigenze della verità e del bene”. É sempre più chiaro che “l’egoismo alla fine non paga e fa pagare a tutti un prezzo troppo alto”. L’economia non deve essere vista come uno strumento di potere ma di servizio: “il denaro – si sottolinea nel documento – deve servire e non governare”.
Il denaro come strumento e non come potere ci conduce inevitabilmente verso nuove forme di economia. Gli operatori economici, competenti e responsabili, sono allora chiamati ad “elaborare nuove forme di economia e finanza, le cui prassi e regole siano rivolte al progresso del bene comune e rispettose della dignità umana, nel sicuro solco offerto dall’insegnamento sociale della Chiesa”.
È la necessità di intraprendere una riflessione etica su “taluni aspetti dell’intermediazione finanziaria, il cui funzionamento, quando è stato slegato da adeguati fondamenti antropologici e morali, non solo ha prodotto palesi abusi ed ingiustizie, ma si è anche rivelato capace di creare crisi sistemiche e di portata mondiale”.
E nel rimodellare gli odierni sistemi economico-finanziari verso un modello di economia sociale volta al bene comune, ciascuno di noi “può fare molto, specialmente se non rimane solo” (il gap tra quello che possiamo definire il bancabile e le opere di carità): “numerose associazioni provenienti dalla società civile rappresentano in tal senso una riserva di coscienza e di responsabilità sociale”.
Oggi più che mai, “siamo tutti chiamati a vigilare come sentinelle della vita buona ed a renderci interpreti di un nuovo protagonismo sociale, improntando la nostra azione alla ricerca del bene comune e fondandola sui saldi principi della solidarietà e della sussidiarietà”.
Idee che ritroviamo anche nel libro che oggi presentiamo. Ma che alle buone intenzioni – che gran parte della letteratura contemporanea sul tema – predilige soffermarsi sugli elementi portanti di una nuova economia assumendo la prospettiva di chi “ci sta provando” e non solo profetizzando “il nuovo che avanza”.
Uno sforzo analitico che muove dai contributi di Giuliano Amato e Mauro Magatti, che ricostruiscono da diverse angolature il legame tra economia e società, guardando all’evoluzione delle forme organizzative della società civile e di come queste siano presenti nella nostra carta costituzionale. Sforzo che prosegue con le analisi di Enrico Giovannini e Leonardo Becchetti che invece fissano le principali sfide – rispettivamente ambiente e lavoro – che l’economia sociale è chiamata ad affrontare e risolvere, giocando un ruolo non da semplice risolutore dei fallimenti altrui (stato e mercato), ma come attore in grado di esercitare una leadership politica, culturale e operativa.
Un approccio che ha richiesto un’attività di scouting certosina piuttosto che una call to action che rischia di rimanere confinata nel rigido formato di un manifesto. Concretamente si tratta di passare al vaglio il ruolo assunto da soggetti nonprofit e di economia sociale che nel corso degli ultimi anni hanno provato a definire un proprio modello economico e di organizzazione e governance capace di ibridare in via stabile e continuativa ambiti tradizionalmente separati: risorse redistribuite per via pubblica, scambi mediati dal mercato, relazioni di reciprocità che mobilitano donazioni.
È da questo mix di risorse che scaturiscono importanti elementi di cambiamento istituzionale e gestionale che sfidano le derive dell’impostazione mainstream grazie anche al ruolo di risorse finanziarie che insieme aggregano e potenziano queste risorse in chiave generativa come argomentato nel capitolo di Marco Morganti.
Dunque una funzione pubblica esercitata non solo in senso burocratico e procedurale ma sollecitando la partecipazione attiva; mercati dove sempre più spesso si annida valore sociale e ambientale come fattore di competitività; relazionalità incarnata da “comunità leggere”, che trovano in un utilizzo pragmatico dei nuovi sistemi sociotecnici una maggiore intenzionalità degli esiti attesi.
Se così stanno le cose viene da chiedersi: tutto questo impatta? Riesce cioè ad assumere una natura trasformativa che cambia le regole del gioco della politica ma anche la forma mentis delle persone e le strategie d’impresa? La risposta non è ancora chiara, ma è prossima nel senso che sarà il breve periodo a dire se l’innovazione sociale di questi ultimi decenni avrà un valore sistemico o sarà transitoria, destinata cioè a essere parcheggiata in qualche incubatore o in un ramo d’azienda che non incide sui core-business.
E la risposta, come traspare anche da questo libro, sarà legata al rafforzamento non solo delle azioni dal basso, ma anche delle infrastrutture top down. Orizzontalità e verticalità che riguardano filiere e reti commerciali, ecosistemi di competenze e, non da ultimo, risorse di natura economica, sia donative che finanziarie, allocate secondo modalità in grado di generare un ritorno sull’investimento sia in senso stretto, sia rispetto a quel nuovo assetto socioeconomico che ormai da troppo tempo si sta cercando di costruire.
Una nota a margine. Questo libro ha un grande pregio: seppur scritto da accademici e tecnici di lungo corso, ogni testo è scritto con grande chiarezza e semplicità di linguaggio in modo da essere accessibile anche ai non addetti ai lavori; non banalità ma semplicità, la distinzione fondamentale che dobbiamo fare nel nostro agire. Fare per arrivare al sorpasso della forma economica attuale verso un’economia sempre più inclusiva e di impatto sociale.
Una caratteristica tipica del nostro Giovanni, sempre presente con il suo pensiero che in uno dei suoi ultimi libri, Le piaghe della politica, scriveva: “Certamente non attraverso un capitalismo compassionevole; semmai cercando laicamente un consenso etico tra culture. Perché il destino non provvisorio degli uomini d’oggi è quello di un meticciato che, lungi dal corrompere la sostanza dell’identità, sia in grado di espandere le qualità complessive della famiglia umana. Capace cioè di elaborare un neopersonalismo solidale e laico, che consenta il passaggio dall’individualismo di mercato al personalismo comunitario, dalla solidarietà alla fratellanza, dalla laicità come contrapposizione alla laicità come collaborazione nella distinzione.”
Grazie di tutto, Giovanni.
Buon corso a tutti.
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- Premessa di Luca Caputo e presentazione del 21° corso – 10′ 00″
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- Domande del pubblico – 08′ 38″
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- Domanda dal pubblico – 04′ 54″
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- Domanda dal pubblico – 03′ 12″
- Risposta di Marco Morganti – 05′ 02″
- Domanda, risposta e chiusura della lezione – 05′ 17″