Il taccuino delle metamorfosi.
Giovanni Bianchi.

Il taccuino delle metamorfosi
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L’interminabilità della crisi, della quale si pronosticano continue sortite dietro l’angolo, e la disperazione nell’efficacia delle sociologie mi hanno spinto insieme a sottrarre il termine metamorfosi a Ovidio e alle mitologie. Avendo coscienza che la prima e più grave difficoltà consiste nel rendersi conto della profondità dei mutamenti che già si sono verificati. Mutamenti che hanno trasformato le antropologie degli abitanti del pianeta: per questo metamorfosi non è un termine fuori misura.

Scrive il vecchio Seneca a Lucilio che nessun vento è favorevole per chi non conosce il porto. E la fase storica che attraversiamo pare afflitta da una disperante bonaccia, non più esposta ai venti della crescita e dimentica se non di porti sicuri, almeno di approdi alla portata della nostra affannosa navigazione.

Pietà l’è morta per la critica, e anche per i poveracci, gli homeless, gli zingari. È così che nonostante l’aumento delle disuguaglianze la questione sociale non vive nella coscienza dei nostri concittadini.

In Italia, a differenza che a Wall Street e a Madrid, non c’è stato alcun movimento o movimentino di occupay qualcosa.

Così il tema dell’ingiustizia sociale rimane assolutamente non popolare. La percezione e la condanna delle disuguaglianze nelle nostre società è stata respinta ai margini e non interessa.

E già questa è una metamorfosi paurosa dello spirito critico, perché senza spirito critico non c’è politica né cambiamento.

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