Ancora una crisi di governo, ancora la prospettiva di nuove elezioni.
Con puntuale malafede, nei giorni in cui gli Italiani cercano spazi di recupero dalle fatiche del lavoro e della precarietà, e si preparano ad un inverno che si preannuncia difficile, il “governo del cambiamento” collassa, tradito dalla Lega. E questo nonostante sia stato proprio il partito tribalizzato da Salvini a condizionarne pesantemente la vita, avvitando l’Italia in una spirale perversa in cui tutti gli interessi sono piegati alla sete di potere del Ministro dell’Interno.
Ecco che i due partiti al governo, che fino a pochi mesi fa si dicevano legati da una forte alleanza fondata sul contratto (un termine privatistico che vorremmo non fosse più applicato ad un accordo di governo), e promettevano sostanziali cambiamenti in meglio nella condizione dei cittadini, una volta scontratisi per le elezioni europee fuggono davanti alla sfida del “cambiamento” e finiscono l’uno contro l’altro.
Puntuale malafede.
A settembre il Governo avrebbe dovuto spiegare al Parlamento qual è il bilancio dello Stato, quali le misure per rendere stabili e credibili, e non d’occasione, le misure più pesanti dal punto di vista finanziario (Quota 100 e Reddito di Cittadinanza).
Entro fine anno bisogna approvare la nuova legge di bilancio, e si è già visto lo scorso anno quanto il Governo dei due vicepresidenti fatichi a trovare il denaro necessario a mantenere le proprie promesse.
Se questo non si fa, nei peggiori dei casi, gli Italiani rischiano di ritrovarsi con l’IVA al 25%, e l’Italia in esercizio provvisorio: vale a dire con le decisioni più importanti che riguardano il futuro immediato del Paese, semplicemente rinviate.
Di fronte a questi passaggi decisivi il Governo esplode, lacerato dall’ ossessione di potere, incapace di progettualità, incurante dei problemi dei cittadini cui pur molto aveva promesso, e di quelle stesse gravi necessità denunciate in passato ed ancora presenti.
Artificiere capo è il Ministro dell’Interno, che prima dichiara di non volere una sola poltrona in più e dopo qualche ora chiede “pieni poteri” per sè, rompendo il “contratto” di Governo per poter fare piazza pulita di tutte le poltrone rimanenti; e, nel frattempo, lascia l’Italia sul bilico di una ingovernabilità permanente.
Come se potessimo permettercelo.
Evidentemente loro possono permetterselo.
A fronte di questo il Movimento 5 Stelle si prepara alle nuove elezioni tentando di consolidare la propria posizione e rinviare il voto insistendo sul taglio dei Parlamentari: è questa una questione scivolosa, rimessa al centro dell’agenda politica per tentare di riacquisire centralità nel Parlamento e nel dibattito pubblico, mettendo in mora gli avversari. Ancora una volta, la demagogia usata come un martello. Non si vede come una riforma simile possa essere fatta ora, come potrebbe essere fatta subito prima di tornare al voto, come e da chi potrebbe essere fatta senza che sia condizionata dal desiderio di accaparrarsi il favore degli elettori e di disegnarsi a tavolino la maniera per prendere più seggi in Parlamento.
Essendo ormai evidente che in questo Paese la politica è stata sostituita dalla campagna elettorale permanente, è ovvio che i due ex (?) alleati di governo si aggrappino ora alle loro narrazioni preferite: la lotta contro l'(inesistente) invasione per i leghisti, e la riforma del numero dei parlamentari per i grillini, ridotta alla dimensione volgare del “taglio delle poltrone” senza riflettere su problemi evidentemente per loro secondari come la tutela dell’equilibrata rappresentanza dei territori e la qualità della democrazia.
Tattica o strategia?
Nel complesso, quanto sta accadendo ci pare un evidente eccesso di manovrismo politico; difficile dire in questo momento se ci sia una strategia di fondo da parte dei due partiti al Governo.
Se si tratti di tattica, o piuttosto di strategia, è però questione di massima importanza: è infatti a spese dei cittadini che questo malizioso gioco si sta giocando, e fa molta differenza che si tratti di una tattica per acquisire senza pudori maggior peso nel Governo, o di una strategia volta a cambiare a lungo, con nuove elezioni, l’equilibrio tra le tre principali forze politiche del Paese.
La sfacciata, becera e politicamente immorale disinvoltura con la quale la Lega dice prima tutto e poi tutto l’inverso, e la palese incapacità del Movimento 5 Stelle di tenere una linea chiara e costante su quasi tutte le questioni all’ ordine del giorno (quanta differenza con il vecchio Movimento, così ciecamente fedele alle proprie, nette posizioni quando era all’opposizione), suggeriscono prudenza nella valutazione sul da farsi.
Particolarmente delicata la posizione del Partito Democratico, chiamato a ragionare preventivamente di un possibile accordo di Governo con il M5S in assenza di una crisi ufficialmente aperta, e che va esperita in Parlamento e non sui social media:
è infatti in Parlamento, luogo reale di composizione degli equilibri politici, che questa apparente crisi si svilupperà, giorno dopo giorno, rivelando infine la sua vera natura.
L’ingovernabilità perpetua
Lo scenario peggiore, ma tutto sommato credibile, è che i due partiti di Governo stiano andando avanti sulla base di una strategia di corto respiro e di un obiettivo chiaro, tutto piegato sul voler salvare o incrementare il proprio consenso. E questo a costo di condannare il Paese alla ingovernabilità perpetua, al giorno per giorno come logica di Governo.
In questo scenario, al Partito Democratico s’impone di ricondurre la propria azione politica ad una dimensione di lungo periodo: il Paese ha bisogno di certezze, lungimiranza, progettualità, stabilità di politiche sociali ed economiche, credibilità internazionale sul debito pubblico e sulla posizione geopolitica.
In Parlamento, la via istituzionale per farlo.
A fronte di questo evidente stato confusionale di tutte le forze politiche, e del tatticismo esasperato di tutti gli attori presenti sulla scena – e dietro la scena non sappiamo bene quali occulte influenze agiscano – la Costituzione e il Capo dello Stato rimangono due punti di riferimento intangibili. E tuttavia, non possiamo non rimpiangere il fatto che sia stato respinto un progetto organico di riforma istituzionale che avrebbe permesso di rispondere, sia pure in forma imperfetta (ma dov’è la perfezione?), alla domanda che sorge dal corpo sociale, che è una domanda di governabilità.
Ad oggi, non è dato di sapere con certezza nemmeno se la crisi di Governo, di cui si è già celebrata davanti a tutti una parte, davvero ci sarà. Qualora si rivelasse una farsa, messa in piedi per “allietare” con una commedia dell’ orrore il Ferragosto degli Italiani, ci apparirebbe niente altro che l’ennesimo atto di una delle peggiori rappresentazioni di sempre della politica italiana.
Restituire fiducia ai cittadini nei confronti della politica e delle istituzioni, dopo questo scempio della nostra democrazia, non sarà affatto facile; ma forse è proprio al caos in Italia che gli agenti esterni, nemici dell’ Europa, puntano.
Noi, democratici nella sostanza, faremo quanto è nelle nostre possibilità perchè questo non succeda.
Il Dossetti