Sta per concludersi una campagna elettorale insolita e inconcludente: si direbbe quasi interlocutoria, come se le forze politiche abbiano voluto immediatamente collocarsi su una posizione, per aspettare l’esito del voto più che condizionarlo.
Non scendiamo nel merito di programmi e strategie elettorali: sarebbe quasi ovvio esprimere il nostro favore rispetto alle proposte del Centrosinistra, dai giovani all’ambiente, dall’energia al lavoro, da scuola e salute pubblica fino al contrasto delle disparità sociali e di tutte le disuguaglianze; per non parlare della fiducia verso molte delle persone candidate.
Il dato notevole è, piuttosto, che a dispetto della inconsueta assertività dei partiti, e anche dell’unica apparente certezza (la vittoria del partito di Giorgia Meloni, o per meglio dire la vittoria di lei sola…) le cose più interessanti a poche ore dal voto siano in realtà due circostanze del tutto ignote.
1) Vengono tenuti toni molto alti, sono note le ostilità reciproche e le proposte, ma la risposta dei cittadini non si è manifestata: gli appuntamenti elettorali sono sembrati più partecipati su social e siti di informazione che nelle piazze. Diversamente dal 2013 e dal 2018 nessuna novità, nessun tema forte dà l’impressione di produrre un certo sfondamento nel consenso.
Nonostante due anni di sondaggi e di dibattiti sui sondaggi, rimane difficile dire come si stanno orientando gli elettori, e SE si orienteranno: un numero davvero molto alto di persone sembra incerto, non in condizione di esprimere una scelta forzata già nel solo fatto del voto anticipato, e sfiduciato sul poter cambiare le cose. La confusione e il disagio rispetto al siluramento, in un momento così difficile, di Draghi da parte di Lega, Forza Italia e Movimento 5 Stelle sembrano fortemente prevalenti rispetto alle intenzioni di voto.
2) Particolarmente dubbio appare poi l’esito della battaglia sugli uninominali: se quasi tutti i collegi del centrosud e delle isole erano dati come contendibili già due mesi fa, oggi diversi commentatori lasciano trapelare che lo scenario potrebbe essere molto mutato rispetto alla ipotesi di un ampio orientamento a favore di Fratelli d’Italia.
Difficile allora per tutti, a questo punto, dire qualcosa di preciso.
Personalmente ci era chiaro fin da subito che, se si voleva contenere l’effetto aberrante della legge elettorale, che premia coalizioni magari solo tecniche (quale ci pare sia il centrodestra) in maniera totalmente incongrua rispetto alla realtà, allora nel Centro, nel Sud e nelle Isole il cosiddetto voto utile sarebbe necessariamente coinciso con una (difficile) informale desistenza a macchia di leopardo e a Camere alterne tra il Centrosinistra e il Movimento 5 Stelle, in grado di disinnescare una improduttiva competizione che finisce poi per premiare senza ragione una coalizione, quella di centrodestra, così disunita e rivalitaria già nei programmi da non garantire la governabilità a vantaggio del Paese.
Pare anzi improbabile che dopo le elezioni non emergano tutte le contraddizioni già intraviste in queste settimane di campagna elettorale; o, se vogliamo, negli 11 anni in cui il centrodestra non si è mai trovato a fare fronte comune ed abbia anzi sempre visto qualcuno pronto a correre in soccorso dei governi, anche insieme ai 5 Stelle e al PD.
Due sono, allora, le considerazioni che ci sentiamo di svolgere:
1) sulla legge elettorale:
va sostituita; presenta gli stessi profili di incostituzionalità della precedente, per certi aspetti è anche peggiore (la divisione proporzionale del voto espresso al solo candidato uninominale è un cervellotico schiaffo in faccia agli elettori) e genera una confusione tale da essere chiaramente alla base della cosiddetta antipolitica. Dopo queste scellerate elezioni anticipate, bisognerà provvedere: nelle più importanti democrazie d’Europa non cambia mai, mentre in Italia è diventato necessario impedire ai partiti di trasformare questo ultimo baluardo della rappresentanza democratica in un momento di contrattazione tra di loro.
2) sul populismo:
è evidente che Giorgia Meloni riceverà un consenso tanto ampio da generare una iniqua sovrarappresentanza parlamentare rispetto alla reale rappresentatività del suo partito nel Paese, e persino rispetto al proprio ceto politico.
Una mastodontica operazione di trasformismo è in corso da due anni in tutta Italia: Forza Italia e Lega, finora beneficiarie di un consenso al leader che poco o nulla rispecchiava la reale forza sociale di questi partiti, cedono personale politico, nazionale e locale (da Tremonti ai tanti consiglieri regionali e comunali) al partito di Giorgia Meloni, per redistribuirsi all’interno dei posti qua e là ottenuti dal centrodestra sotto le diverse sigle.
Ma anche questo trasformismo di bassa lega, che insegue la volatilità elettorale, ha un termine: Giorgia Meloni, leader di un partito erede del Fascismo, rappresenta forse anche per gli elettori una sorta di ultima spiaggia, ma lo è soprattutto per la conservazione del sistema politico; sistema del quale Fratelli d’Italia è parte integrante, nel ruolo degli inagibili che chiedono agibilità e riconoscimento agli altri.
Oltre questo ennesimo spostamento di quote abnormi di consenso, che dal nostro punto di vista ha premiato negli ultimi dieci anni sia Renzi (il famoso 40,8% del PD alle Europee) che Salvini che i 5Stelle che, infine, la Meloni, c’è la fine delle opzioni politiche e la crisi finale del sistema politico nazionale.
Una grande campagna di stampa (immaginiamo voluta e richiesta da Chi ha interesse a che il 26 settembre ci sia comunque un candidato Premier legittimato politicamente, chiunque esso possa essere) è così occorsa a soccorrere la leader di Fratelli d’Italia e accreditarla come leader moderato, responsabile, Costituzionalmente legittimo.
Al di là del fatto che questi meccanismi di potere circa 100 anni fa sono serviti ad avallare l’incarico al capo del fascismo di formare un Governo e mettere fine ai disordini di cui egli stesso era responsabile insieme ai suoi (dinamica che poi si rivelò fatale al Regno e all’Italia), rispetto ad allora, mancano totalmente nel Paese le condizioni di fatto, quelle sociali e culturali, che rendano possibile la sostituzione di una classe politica con un’altra.
Il travaso di personale politico in Fratelli d’Italia, la stessa pretesa originaria di essere riconosciuti come Costituzionalmente agibili, l’assenza di programmi politici che sappiano di un reale ordine nuovo costruendo, (la competizione interna sulla flat tax ha facilmente sostituito nelle dichiarazioni della stessa Meloni la proposta, tutto sommato di piccolo cabotaggio, sul Presidenzialismo), sembra dire che la conservatrice, ipsa dixit, Giorgia Meloni, rimane dopotutto una opzione interna ad un sistema politico che sembra invece correre lungo il filo di un diffuso disconoscimento dei cittadini, sotto la forma dell’astensionismo, a cominciare da quello giovanile, e certamente di una generale sfiducia cronica nei partiti.
Nessuna avanguardia culturale, una diffusa apatia sociale, più nessuna grande battaglia “sovrana” da combattere: solo la triste e vuota ripetizione in abito e toni più scuri degli equilibri di potere che hanno condotto il Paese fin qui.
Se nemmeno l’iniezione di adrenalina populista è capace di provocare fibrillazioni positive all’Italia, è tempo di un nuovo Governo del Presidente, che guidi il Paese in questi momenti cruciali e avvii i lavori di un organismo Costituente che, fatti salvi i valori fondativi della Repubblica Italiana, riscriva le regole di funzionamento dello Stato avviando una vera Seconda Repubblica.
Nessuno meglio di un Capo dello Stato come Sergio Mattarella, leale e profondo conoscitore della Costituzione, può guidare un percorso simile.
Della crisi della rappresentanza democratica e della rifunzionalizzazione delle istituzioni, il nostro Circolo si occuperà approfonditamente nel prossimo futuro, nel proprio Corso di Formazione Politica e nel lavoro comune con altre associazioni, quali gli amici della Rete C3Dem: vi invitiamo a seguirci e a partecipare attivamente.
Nessuna strada è già scritta, ma una è fondamentale; le persone di buona volontà si devono impegnare insieme nella salvezza della nostra democrazia: i partiti, neanche i migliori, da soli non possono farcela.
Luca Emilio Caputo