Arriva l’età in cui gli amici ti suggeriscono: perché non scrivi l’autobiografia… E forse è utile, ma a modo tuo. Indovinando il punto di vista che ti appartiene (l’unico) perché è meglio avere un punto di vista sbagliato che non averne nessuno.
Allora ho scoperto di essere vissuto tutta la vita in cooperativa: non quelle del buonismo cattolico e tanto meno “marxista”, ma quella dell’oratorio San Luigi di Sesto San Giovanni, situato sempre “a sinistra” e tra gli immigrati (primi i terroni) e sempre in questo mondo cattolico che non muore e si trasforma, nonostante io stesso mi sia esercitato nello stilarne sulla pagina ripetuti certificati di morte.
Il mio infatti – così ad esempio per ogni poeta e lo era per i politici di un tempo – è un “io largo”, che si sa e vive come parte di un mondo (quello defunto e fordista) e di più generazioni. So di essere corale e collettivo, e ne sono fiero. Forse mi è sfuggita qualche nota confondibile con un do di petto, ma io stavo volentieri dentro il coro e non avevo nessuna intenzione di uscirne.
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