Inseguire la memoria è costruire un presente e un futuro imprevisti. Anche quando l’operazione incomincia per gioco, quasi ripetendo la leggerezza divertente di un film come Amici miei, diretto con dolente ironia da Mario Monicelli. Perché il gioco, suggerito al protagonista dal compagno di banco del liceo Zucchi di Monza, consiste nell’inseguire le ragazze del liceo trent’anni dopo.
Ma la vita ha più risorse della fantasia. La storia, anche nei suoi versanti topici e nelle svolte a “U”, ha creato nel frattempo situazioni sorprendenti, dove mistero e tragedia si incaricano di mischiare il pubblico con il privato.
Forse – e l’autore lo lascia intuire – l’io narrante ad un certo punto vorrebbe tirarsi fuori ed abbandonare il gioco, che invece non demorde e non lo consente. La scoperta non messa nel conto è che non solo la vicenda quotidiana ha sue caverne che una volta scoperte non si lasciano rinchiudere, ma che il mistero sia alla fine la stoffa comune degli eventi collettivi come della quotidianità più minuta.
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