È destino della formazione in questa stagione politica di essere evocata più che praticata. Grandi elogi e scarsissimo impegno. Perché? Perché la formazione disturba: ampliando la platea dei concorrenti e sottraendo al déjà vu gli orizzonti delle cose futuribili.
La formazione cioè sai dove comincia ma ignori dove ti potrà condurre. Per questo è pubblicamente lodata e privatamente negletta, o almeno temuta.
Don Giuseppe Dossetti, parlando al clero di Pordenone in quella conversazione che viene ritenuta il suo testamento spirituale, confidava di essersi essenzialmente impegnato per una crescita democratica che appare come una sorta di formazione politica continua ed estesa, praticata però nelle strutture e nei tempi delle organizzazioni politiche sul campo, piuttosto che nella tranquillità delle scuole.
Un motivo in più per riflettere sull’eclissi della formazione dopo l’azzeramento totale in Italia dell’apparato dei partiti di massa. Un motivo ancora per riflettere sulla vera natura del discorso politico odierno. E non guasta a ripetere ancora una volta la giaculatoria di Aldo Moro: il pensare politica è già per il novantanove percento fare politica.
Non vale la pena adoperarsi per alzare un poco la percentuale odierna?
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