Le fatiche di Francesco

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Giovanni BianchiHa avuto eco universale la decisione di Papa Francesco di porre agli arresti domiciliari l’ex Nunzio apostolico Jozef Wesolowski, ridotto allo stato laicale (ma a quanto pare ha avuto la faccia tosta di presentare ricorso) a seguito delle pesanti inchieste giudiziarie cui è sottoposto nella Repubblica Dominicana e nella natia Polonia per pedofilia.

Giustamente si è visto come da parte del Pontefice argentino si stia proseguendo nella politica di purificazione iniziata da Benedetto XVI nei confronti di quei componenti il clero e la Gerarchia ecclesiastica (Wesolowski in quanto Nunzio era anche Vescovo) che hanno posto in essere comportamenti devianti sotto il profilo sessuale, e ancor più nei confronti di coloro, superiori religiosi e Vescovi, che sapevano e tolleravano in nome di una malintesa tutela del “buon nome” della Chiesa.

La gravità ed il clamore della vicenda Wesolowski hanno fatto passare quasi sotto silenzio un’altra scelta adottata dal Papa il giorno dopo, quando ha deciso di rimuovere dal suo incarico mons. Rogelio Ricardo Livieres Plano, presule della Diocesi paraguayana di Ciudad del Este. Questi si era reso responsabile di avere difeso e addirittura promosso all’incarico di Vicario generale della Diocesi un prete argentino che aveva lavorato negli USA da dove si era precipitosamente allontanato inseguito da accuse di pedofilia. Quando la vicenda si era risaputa erano iniziate pressioni prima discrete e poi aperte da parte della Conferenza episcopale paraguayana e del Vaticano affinché mons. Livieres si disfacesse dello scomodo collaboratore, ma il prelato, uomo dell’ Opus Dei , non solo resistette, ma contrattaccò, mandando a Benedetto XVI una lettera di sapore diffamatorio in cui accusava tutti i Vescovi del Paese di avere deviato dall’ortodossia cattolica e di essersi messi sulla strada della Teologia della Liberazione (una scuola di pensiero pressoché inesistente nel Paese che per un quarantennio fu il feudo privato del generale Alfredo Stroessner). Addirittura, in un’ intervista televisiva , quando gli venne chiesto di commentare le critiche che gli rivolgeva l’arcivescovo di Asuncion e primate del Paraguay mons. Cuquejo Verga, rispose che non vi faceva caso perché “probabilmente l’Arcivescovo era omosessuale”.

A questo punto era inevitabile una visita apostolica da parte della Santa Sede, conclusasi altrettanto inevitabilmente con la richiesta di dimissioni del Vescovo, il quale si rifiutava costringendo il Papa a destituirlo. Ma è qui che la vicenda si fa interessante perché mons. Livieres, pur accettando la decisione pontificia (inevitabilmente, poiché l’alternativa era la sospensione a divinis e forse anche la scomunica) la buttava, per così dire, in politica, dichiarando alla stampa di essere vittima di un abuso di potere, che il Papa ne avrebbe risposto a Dio, che solo lui fra i Vescovi paraguayani era fedele alla retta dottrina e che nella Chiesa di Francesco non vi è alcuna collegialità né carità ma il tentativo di imporre un “pensiero unico”, e così via.

Queste dichiarazioni di mons. Livieres Plano sono straordinariamente consonanti con quelle dei plotoni del tradizionalismo internazionale, che letteralmente non riescono a tollerare la presenza di un Papa come Francesco, che non è affatto un ideologo ma uno che il Vaticano II lo applica con grande naturalezza senza alcun complesso di inferiorità verso l’ottusità intellettuale e la malafede di tradizionalisti. Un pontificato autenticamente evangelico appare a costoro incomprensibile, legati come sono ad una concezione della Chiesa cristallizzata in due o tre formulette del passato ed un passato che, si badi bene, non è quello della grande Tradizione ecclesiastica, ma di mal digerite memorie dell’intransigentismo franco- italiano degli ultimi decenni del XIX secolo e della persecuzione antimodernista dei primi decenni del XX.

Ci sarebbe poi da investigare con attenzione come mai fenomeni deteriori quali la pedofilia e le sue coperture allignino così facilmente in campo conservatore e tradizionalista, e se la modalità distorta con cui è concepita la figura del sacerdote nel suo momento formativo ( tutti gli psicanalisti che hanno analizzato i preti pedofili si sono resi rapidamente conto che il loro problema non era il sesso ma il potere ed il suo esercizio ed abuso illimitato) non abbiano nulla a che fare con il moltiplicarsi di casi di devianza e con i disperati tentativi di coprirla avendo maggiore attenzione ai carnefici piuttosto che alle vittime.

Ma senza andare troppo oltre, è evidente che l’azione di papa Francesco disturba molti che sotto il pretesto della fedeltà alla Chiesa celano la difesa dei propri interessi: un motivo in più per supportare il Pontefice gesuita nel suo difficile compito.

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