Lamentarsi della poca natalità italiana come fa qualcuno confrontandola con ciò che accade tra i musulmani, gli africani o nelle società più povere del pianeta vuol dire essere in malafede o tutt’al più non in grado di comprendere la realtà della società italiana e, più in generale, quella del mondo occidentale.
Oggi, parlando di natalità c’è un unico punto fermo: gli appartenenti al mondo occidentale e quindi anche gli italiani non accettano più l’ipotesi di mettere al mondo un figlio, prescindendo da alcuni presupposti.
Recentemente il vescovo di Novara mons. Franco Giulio Brambilla, intervenendo sul tema “Famiglia e impresa, verso un’alleanza per lo sviluppo e il bene comune”, ha dichiarato: «La vera sfida della politica è colmare lo spread che esiste nelle famiglie italiane fra il figlio avuto e il figlio desiderato. Una società sana dovrebbe consentire a due genitori di aver almeno due figli. Come mai non si riesce ad accorciare questo spread? In altri Paesi, come la Francia, le provvidenze statali nei confronti delle famiglie da tempo hanno fatto alzare il tasso di natalità. In Italia dagli anni ‘80 in poi iniziare a vivere insieme per i giovani è diventato un’impresa».
Parole chiare, concrete, condivisibili e tuttavia c’era qualcosa di anomalo in quel richiamo. Mons. Brambilla per sostenere il suo punto di vista è stato costretto a fare riferimento alla Francia!
Paese laicissimo per antonomasia, in cui lo Stato destina il 3% del Pil alle famiglie e che grazie a queste politiche familiari messe in atto, la Francia è oggi la nazione più prolifica d’Europa: due figli per donna, secondo le ultime statistiche, che vogliono dire ottocentomila bambini in più in un anno!
La povertà che incide sulla scarsa natalità italiana è la povertà vera, quella che non consente di arrivare a fine mese, quella che non permette alle giovani generazioni di raffigurare un futuro e men che mai di mettere al mondo un figlio, mancando la certezza di poterlo crescere dignitosamente, come del resto la Francia dimostra, grazie a una politica lungimirante e accorta di uno Stato assolutamente laico.
In questo senso, il problema della famiglia oggi, prescindendo dal fatto che fra i genitori esista o meno un vincolo civile o religioso, è il problema della possibilità di essere aperti alla trasmissione della vita, una vita dignitosa, una vita in cui il generare figli non sia anticamera per la disoccupazione o per il disagio sociale.
In questo senso c’è molto da imparare da un sistema come quello della Francia e di altri Paesi europei, ed è la miglior dimostrazione del fatto che lo Stato sociale non è un’istituzione del passato ma un modello da reinventare ed implementare.