Rosino Gibellini. Breve storia della teologia del XX secolo.

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Corso di formazione alla politicaQuesto volume di Rosino Gibellini è una sintesi chiara, di quella chiarezza che deriva da una profonda conoscenza di un argomento molto vasto e molto complesso, che può svolgere il ruolo di un’ottima introduzione a chi voglia orientarsi nei problemi fondamentali della teologia contemporanea; il libro infatti fa certamente emergere i contenuti fondamentali della riflessione teologica del ‘900, ma soprattutto li mostra nell’ottica della loro funzione problematica, nell’ottica del cammino della fede della chiesa, delle sue profonde interrogazioni sul suo stesso senso di accompagnamento alla salvezza degli uomini. L’ultimo capitolo del libro, intitolato Bilancio provvisorio, organizza la materia trattata nei vari capitoli secondo un ordine molto convincente. che individua quattro modi o dinamismi fondamentali del fare teologia nel ‘900.

Rosino Gibellini. Breve storia della teologia del XX secolo

1. leggi il testo dell’introduzione di Roberto Diodato

2. leggi la trascrizione della relazione di Rosino Gibellini

3. clicca sui link sottostanti per ascoltare i file audio mp3

1. premessa di Giovanni Bianchi 19’05” – 2. introduzione di Roberto Diodato 29’20” – 3. relazione di Rosino Gibellini 34’54” – 4. prima serie di domande 10’10” – 5. risposte di Rosino Gibellini 17’31” – 6. seconda serie di domande 12’48” – 7. risposte di Rosino Gibellini 13’32” – 8. terza serie di domande 22’09” – 9. risposte di Rosino Gibellini 13’42”

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Testo dell’introduzione di Roberto Diodato a Rosino Gibellini

Rosino Gibellini, Breve storia della teologia del XX secolo, Morcelliana, Brescia 2008.

Presento volentieri questo volume di Rosino Gibellini, Breve storia della teologia del XX secolo, edito da Morcelliana, perché si tratta di una sintesi assai chiara, di quella chiarezza che deriva da una profonda conoscenza di un argomento molto vasto e molto complesso, che può svolgere il ruolo di un’ottima introduzione a chi voglia orientarsi nei problemi fondamentali della teologia contemporanea; il libro infatti fa certamente emergere i contenuti fondamentali della riflessione teologica del ‘900, ma soprattutto li mostra nell’ottica della loro funzione problematica, nell’ottica del cammino della fede della chiesa, delle sue profonde interrogazioni sul suo stesso senso di accompagnamento alla salvezza degli uomini.

Il mio compito introduttivo è assai facilitato dall’ultimo capitolo del libro, intitolato Bilancio provvisorio, che organizza la materia trattata nei vari capitoli secondo un ordine molto convincente, che ripercorro. Gibellini individua quattro modi o dinamismi fondamentali del fare teologia nel ‘900:

-il primo movimento è quello della teologia della Parola di Dio, o teologia della Rivelazione cristiana, che ha visto come protagonisti le grandi figure di Karl Bart e di Hans Urs von Balthasar, che accentua e rende conto della specificità della Rivelazione cristiana, della sua trascendenza rispetto alle altre forme di sapere, della sua incomparabilità rispetto a esse. Gibellini ricostruisce infatti nel suo volume con attenzione la celebre tesi barthiana della “analogia entis come invenzione dell’Anticristo”, che in sostanza vuol dire che nessuna filosofia o sapienza umana, ma soltanto la Rivelazione ci consente di comprendere e dire qualcosa di Dio e ci spiega in che modo dire Dio. Per cui la parola di Dio attuata in Gesù Cristo è l’unico criterio della dogmatica, sulla base dell’idea, già espressa da Barth nel celebre commento all’Epistola ai Romani, che nessun cammino, tantomeno quello metafisico, conduce l’uomo a Dio, bensì è Dio che va all’uomo attraverso Gesù Cristo. E Gibellini mostra anche come per von Bathasar sia la via cosmologica  sia la via antropologica, tipiche della teologia antica e moderna, conducano a letture riduttive del fenomeno cristiano, nel quale si gioca l’amore assoluto e irriducibile di Dio che in Cristo si dona e si fa incontro all’uomo. E’ nella comprensione di questa autopresentazione incarnata di Dio che si sviluppa la teologia balthasariana innanzitutto nel momento estetico della percezione della forma nella sua risplendente bellezza (Gloria), quindi secondo il dramma etico (TeoDrammatica) e finalmente secondo la verità propriamente TeoLogica.

-Il secondo movimento è quello, scrive Gibellini, che “unisce la preoccupazione per l’identità (della fede cristiana nei confronti di ogni filosofia e sapienza umana) quella della rilevanza del discorso cristiano sulla realtà esistenziale, antropologica, culturale ed esperienziale umana”. I protagonisti di questa dinamica teologica sono Bultmann, con la sua teologia dell’esistenza, per la quale la Rivelazione diventa criterio di chiarificazione dell’esistenza umana sulla scorta dell’influenza dell’analitica esistenziale elaborata da Heidegger in Essere e tempo, “la teologia della cultura di Paul Tillich, la teologia antropologica di Karl Rahner, la teologia dell’esperienza di Edward Shillebeeckx, la teologia ecumenica e inter-religiosa di Hans Kung…”. Si tratta, come risulta chiaro dai rilevantissimi nomi appena ricordati, di un movimento che complessivamente raduna figure differenti e complesse, di grande spessore teorico e metodologico. Si pensi per esempioal metodo antropologico-trascendentale di Rahner, capace di cogliere nell’esperienza stessa della finitezza l’apertura all’infinito, la presenza dell’assoluto nel finito della soggettività attraverso l’esperienza della radicalità dell’amore, della fedeltà, della responsabilità. O si pensi al metodo della correlazione di Tillich, che tende la ricerca teologica tra due polarità, la verità della Rivelazione e l’ineludibile situazione storica dell’interprete, destinatario del messaggio, situazione complessa, incarnata in forme scientifiche, artistiche, economiche, politiche, etiche, “tutte le forme culturali che esprimono l’interpretazione dell’esistenza” insomma, di cui è necessario tener conto. Complessivamente in questa seconda tipologia, che stabilisce l’importanza decisiva dell’ermeneutica “la teologia  – scrive Gibellini – è concepita come una complessa correlazione da svolgere tra due poli: il polo della rivelazione e della tradizione che la trasmette, e il polo della situazione temporale in cui vive l’essere umano, che costruisce senso e sensi nella sua progettualità, e che riceve sovrabbondanza di senso dalla proposta/risposta cristiana”.

-Il terzo momento si caratterizza, secondo Gibellini, per un approfondimento politico della svolta ermeneutico-antropologica, movimento di approfondimento che ha le sue origini in Bonhoeffer e si sviluppa soprattutto nella riflessione di Johann Baptist Metz e di Jürgen Moltmann. E’ importante il riferimento a Bonhoeffer perché segnala il nesso inscindibile tra vita etica e vita politica; la vita etica è per Bonhoeffer “la vita vissuta nella responsabilità”, dove “Responsabilità – come lui stesso scrive – significa che viene impegnata la totalità della vita”. Ora la responsabilità è sempre per altro e per altri, per il prossimo e per la comunità, è rappresentanza dell’esser-uomo insieme agli altri uomini. Tale rappresentanza, che svolge l’etica nel suo senso politico profondo, raggiunge l’intensità massima in Cristo, in cui “l’esserci per il mondo” diventa sacrificio perfetto di sé. Gesù come esempio di “esserci-per-altri”, la risposta di Bonhoeffer alla testimonianza della fede nel mondo diventato adulto, resta una dei tratti distintivi della teologia del ‘900, che deve forse ancora oggi essere pensato come un problema aperto.A partire dalla riflessione su questo problema la teologia assume “l’opzione di entrare nel campo della storia” e  – scrive Gibellini – “si autocomprende come un sapere pratico … un sapere che sente una responsabilità pubblica”, prendendosi carico delle sfide essenziali del tempo. Si tratta di una teologia che resiste, che rimane in piedi di fronte alle sfide terribili del mondo, di fronte alle quali, come scrive Moltmann, “Ciò che è è rimasto… è il riconoscimento della dimensione politica per la fede cristiana della croce di Cristo e del Regno di Dio. Ciò che è rimasto è la necessaria critica agli idoli della religione politica e civile. Ciò che in genere è stato accettato è l’opzione preferenziale per il povero. Ciò che si è sviluppato sono i principi di ogni teologia contestuale: contesto, Kairos, comunità”.

-E infine il quarto movimento, per dire del quale prenderei spunto dall’inizio dell’ultimo capitolo, il già ricordato Bilancio provvisorio, del libro di Gibellini,

chesi apre citandodue testi importanti, il saggio di Moltmann Il cammino della teologia nel Novecento e l’intervento di David Tracy al Congresso teologico dell’Università cattolica di Lovanio del 1990 dedicato alle prospettive della teologia  “Alle soglie del terzo millennio”. Moltmann sostiene che la teologia del ‘900 era da intendersi come “teologia della speranza”: “La tradizionale speranza nell’aldilà  – scrive Moltmann – deve essere integrata con la speranza nella trasformazione e nel rinnovamento della terra. All’atteggiamento di attesa passiva deve subentrare la speranza creativa che anticipa già oggi ciò che sarà domani”. Tracy si chiede, nella sua relazione: Quale nome dare al presente? E risponde “Il risultato potrebbe essere una nuova solidarietà nella lotta per il vero tempo della giustizia, e per uno sforzo teologico comunitario per dare un nome al presente in un mondo policentrico e in una chiesa globale … Il vero presente è il presente di tutti i soggetti storici di tutti i centri, in conversazione e in solidarietà davanti al Dio vivente”. Proprio il mondo policentrico e la chiesa globale sono i temi che la teologia recente affronta; come scrive Gibellini “Il quarto movimento della teologia del XX secolo si attua con quello che può essere definito l’ingresso della teologia cristiana nell’era della mondializzazione”. E’ caratterizzato dalla “dislocazione dei luoghi”, da “flussi teologici” di cui solo parzialmente sono determinabili i confini, da opzioni fittamente intrecciate. Si tratta della teologia della liberazione in America Latina, della teologia dell’inculturazione in Africa, della nuova teologia delle religioni in Asia, per cui complessivamente e certamente si può affermare che “Con la teologia degli ultimi decenni del XX secolo, la storia dei popoli entra nel circuito della riflessione teologica”. Ma vorrei concludere questa presentazione soffermandomi un attimo su tre modalità di questo “quarto movimento”, certamente un andante con brio, anche se non proprio un allegro, perché mi permettono di porre alcune questioni e quindi di avviare il dibattito.

Si tratta della teologia femminista, della teologia ecologica e della teologia ecumenica: tre modalità della riflessione teologica che pongono, mi pare, questioni a tutt’oggi non risolte ma ineludibili. Il capitolo che Gibellini dedica alla teologia femminista si intitola: “Dio non ha solo figli maschi”, ma se questo è vero perché le figlie femmine di Dio Padre e Madre (Dio è anche Madre, come diceva l’indimenticato Albino Luciani, Giovanni Paolo I) svolgono nella chiesa un ruolo subordinato? A partire da questa ovvia domanda le teologhe cristiane mettono in discussione, sulla base dell’idea di “discepolato da vivere in un ethos di eguaglianza”, non soltanto il“modello antropologico della subordinazione della donna all’uomo pur nell’equivalenza nell’ordine della grazia”, ma anche il “modello della complementarietà dei sessi, in quanto finisce per considerare la donna come complemento dell’uomo, ossia dell’umanità maschile vista come normativa”. La teologia femminista invece, propone, scrive Gibellini “il modello antropologico nella equivalenza e nella differenza”. Ma quanta di questa relazionalità/reciprocità sulla base dell’equivalenza è praticata oggi nella chiesa?

La teologia ecologica pone un altro problema formidabile, quanto mai attuale, il problema del riscatto della creazione. Lo sfruttamento della natura, delle risorse del mondo, provocato da volontà di dominio e dall’edonismo che si esprime negli stili di vita diffusi nei paesi più ricchi e coltivati dalle élite dei paesi più poveri, è “oblio della creazione” divina quale dignità profonda della natura e degli esseri che ne fanno parte. Si tratta di ripensare, da parte della teologia, la “fede nella creazione” nel suo complesso.

E infine la teologia ecumenica, che svolge, tra gli altri straordinariamente impegnativi temi sociali e politici (si pensi oggi al rapporto tra cristianesimo e islam), anche una notevole questione squisitamente teologica: un tempo infatti i teologi sostenevano che “il Cristo è l’unico esclusivo mediatore di salvezza e la chiesa è l’unica esclusiva istituzione di salvezza”. Certo, sembra che dato lo sviluppo della teologia la questione non possa più porsi in questi termini così tradizionali, ma forse le cose non sono così semplici e chiare. La celebre idea rahneriana dei “cristiani anonimi”, che va sotto il nome di inclusivismo teologico, è fatta effettivamente propria dalla chiesa? E propriamente come è da intendere l’anonimia rispetto all’evento salvifico incarnato nel Cristo? Se differenti religioni, o scelte etiche di matrice culturale, possono essere via di salvezza in quanto al servizio della verità dell’essere umano come tale, che ne è della specificità cristiana?

Insomma i momenti e movimenti fondamentali della ricchissima ricerca teologica del ‘900 mi pare ci diano oggi più che mai argomenti su cui riflettere; il libro di Rosino Gibellini a me è sembrato un’ottima guida alla personale riflessione.

Trascrizione della relazione di Rosino Gibellini

Grazie innanzitutto per questa bella presentazione. Quando ho ricevuto l’invito mi sono meravigliato: ma come, ci si interessa della teologia? Mi sono stupito e ho visto la biblioteca che voi avete affrontato, che avete studiato, che avete discusso, questa biblioteca dei Circoli Dossetti su testi di storia, di filosofia, di sociologia, testi interessanti di attualità per capire il presente, dove andiamo… e a un certo punto c’è anche questo libro appunto di teologia. Mi sono meravigliato, ma giustamente: siete nella orientazione giusta perché è una conoscenza, è un complesso di conoscenze, e la teologia è certamente presente anche nelle università, non in Italia, ma è presente nelle case editrici, è presente nella comunicazione e così entra in dialogo con la filosofia, con le scienze…

Vorrei fare innanzitutto una puntualizzazione sulla teologia. Che cos’è la teologia? Lasciamo stare il nome, l’ha inventato Platone, e poi secoli dopo è Agostino che l’ha introdotto nelle conoscenze, nell’insieme delle conoscenze, nell’università delle conoscenze. In modo molto semplice, che cos’è la teologia? La teologia è il discorso cristiano sui grandi problemi dell’uomo e del mondo, è il discorso cristiano, questo è. “Ma il discorso cristiano bisogna trovarlo nelle encicliche.” Certo, si devono leggere anche le encicliche, ma, tra l’altro, è un fenomeno ecclesiastico abbastanza recente, a fine ’800 nascono le encicliche. C’è un pensiero che la dottrina sociale della Chiesa è un discorso sociale, è un discorso cristiano, ma è un discorso cristiano, diciamo così, ufficiale.

Andiamo al di là dell’ufficialità, il discorso del Papa per esempio: il discorso cristiano, la teologia è il discorso cristiano, il discorso che fanno i cristiani. Questa è la teologia. Allora, ci sono comunità cristiane nel mondo, comunità del Vangelo. Ma sono comunità, voglio dire. Se guardate i numeri, sono numeri impressionanti, la Chiesa cattolica ha fatto i numeri dei battezzati, è una comunità di un miliardo e 200 milioni, eccetera. I numeri sono abbastanza rilevanti, quindi ci sono forti comunità cristiane. Cosa fanno le comunità cristiane nel mondo? Annunciano il Vangelo, sono chiamate a testimoniare il Vangelo.

Uno di questi movimenti, la teologia politica, dice: qual è la crisi del nostro tempo? C’è un deficit di pratica, dicono Metz e Wolkman, questi nomi che sono stati fatti; c’è un deficit di pratica del Vangelo e qui non ci si indirizza al povero cristiano, come fanno i predicatori, ma c’è un deficit di pratica nell’istituzione. Questo è il punto. Un deficit di pratica nell’istituzione, spiace dirlo, ma anche nel povero cristiano..

Ecco allora che le comunità cristiane nel mondo di oggi annunciano il Vangelo e sono chiamate a testimoniare il Vangelo e così molti problemi sarebbero risolti se ci fosse l’amore del prossimo, se ci fosse l’amore della pace e della giustizia, se si lavorasse in questa direzione. Allora, la comunità cristiana annuncia il Vangelo ed è chiamata a testimoniare il Vangelo, cioè a praticare il Vangelo. Poi la comunità cristiana celebra la salvezza del ringraziamento, perché la comunità cristiana è una comunità che celebra. Per esempio, la Chiesa ortodossa durante la persecuzione del sovietismo, del comunismo sovietico, ma potevano certamente celebrare l’eucarestia, comunità che sostenevano, esse dicevano, sosteniamo il mondo con la preghiera, noi preghiamo, sosteniamo il mondo con la preghiera, sosteniamo il mondo con la celebrazione. Quindi, la comunità cristiana annuncia il Vangelo, la comunità cristiana celebra la vita con riconoscenza e poi svolge un’intensa attività caritativa.

Ma per fare questo annuncio del Vangelo e pratica del Vangelo e quindi celebrazione della vita e azione caritativa , in alcuni punti anche eroica, per fare questo la comunità cristiana deve pensare e deve pensare molto. Ecco, la teologia. La teologia è questo pensiero, che poi diventa anche importante, insegnato anche nelle università, eccetera. Ma per fare questo, così come per fare della buona politica, bisogna… Voglio riferirmi a Giovanni Bianchi, vero appassionato della politica, come abbiamo sentito, del momento politico che stiamo vivendo: interessante questa lettura in positivo di ciò che è avvenuto… C’è un giornale…, ma lasciamo stare, divago un po’: ci sono state le elezioni, sappiamo come sono andate e allora il Bianchi diceva: ma molti sono andati a votare, qui c’è una domanda politica interessante, voglio dire questa lettura dell’ex presidente delle ACLI qui si sente. Per esempio un giornale tedesco ha commentato così: “Italien”, e poi in lingua italiana, “confusione”, e in italiano l’ha scritto così, a lettere cubitali. Italien, va bene che ci chiamino così nella lingua di Goethe e di Hegel, e poi “confusione”, in italiano. Sono cose veramente insostenibili anche se fatte sotto il profilo giornalistico.

A ogni buon conto, siamo arrivati a parlare del fatto che per fare della buona politica bisogna pensare due volte e si ha l’impressione che i partiti, nei tempi passati, pensassero di più, e facevano anche magari una buona politica. Dunque, la Chiesa, la comunità cristiana, le comunità cristiane, le comunità del Vangelo, le comunità dei discepoli di Cristo per svolgere la loro attività nel mondo, lo abbiamo ricordato, devono pensare molto: la teologia è questo pensare molto. Sono stati citati dei nomi che entrano poi nella storia della filosofia, anche, perché c’è una grande ricchezza di pensiero: Agostino è nella storia della filosofia, Tommaso è nella storia della filosofia, Pascal è nella storia della filosofia, Rosmini, Kierkegaard, e poi adesso questi nomi Barth, Moltmann eccetera. Ecco, è il pensiero dei cristiani.

Questo è un primo concetto che voglio dire, che è molto interessante. Allora qui, come fanno la teologia i cristiani nel ’900 che è un grande secolo teologico. Nell’ambito cristiano sono avvenuti due fatti: 1948, Consiglio Ecumenico delle Chiese, tutti i cristiani di tutte le frazioni non cattoliche perché la Chiesa non partecipa al Consiglio Ecumenico delle Chiese nato ad Amsterdam nel 1948, dopo la guerra, doveva nascere prima come un grande fatto, e lo ricorda anche il Taylor con questo libro sui secolari, come uno dei grandi fatti avvenuti nel secolo scorso, il Consiglio Ecumenico delle Chiese che si è tenuto ad Amsterdam e ha sede a Ginevra dove tutte le comunità cristiane sono unite per meditare una strategia: come praticare il Vangelo. E da tante discussioni è uscito questo programma politico del Consiglio Ecumenico delle Chiese: pace, giustizia e salvaguardia del creato.

Sono le tre parole, diciamo così, politiche, il programma politico delle comunità cristiane: pace, favorire la pace; giustizia, salvaguardia del creato. Recentemente è arrivata, ha fatto l’apparizione date le conflittualità che ci sono, un’altra parola: riconciliazione. Qui c’è il contributo di pensiero, queste sono grandi categorie, e c’è il contributo di pensiero, e anche di pratica per la presenza anche attiva, non tutte le comunità dormono, ma ci sono anche comunità attive, comunità del Vangelo, comunità attive nel rispetto degli altri.

Non entro nel problema che la Chiesa non partecipa al Consiglio Ecumenico delle Chiese: collabora, ha quasi lo stesso programma, ma la Chiesa Cattolica ha un profondo senso della propria identità: voi avete abbandonato la Cattolica (1054) direbbe, diciamo così, la Chiesa Cattolica agli ortodossi: voi mi avete abbandonato nel 1054. E al mondo protestante potrebbe dire: voi mi avete abbandonato, nel 1517; siamo vicini al 2017, saranno 500 anni dalla nascita del protestantesimo e il 2017 sarà un grande anno a 500 anni da Lutero. Che verrà celebrato, si può pensare, nell’Unione Europea: è avvenuto qui in Europa, che adesso si chiama appunto Unione Europea. Ecco, questo per dire che la Chiesa è attiva ma non è presente come membro del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Questo nel 1948.

E poi: Concilio Vaticano II, 1962-1965, siamo a 50 anni da un grande fatto in cui la Chiesa si posiziona nel mondo con 16 documenti: una battaglia da giganti è stata. Adesso risultano molto importanti i 16 documenti: ci sono grandi documenti, ma ci sono anche piccoli documenti. Oggi per esempio la storiografia sostiene la validità e innovatività dei piccoli documenti. Il documento sull’ecumenismo, per esempio. Il documento sul dialogo con le religioni, piccolo documento innovativo; il dialogo sulla libertà religiosa che è un piccolo documento in rapporto alle grandi costituzioni sulla Chiesa, sulla liberazione, sulla Chiesa nel mondo e sulla liturgia, le quattro grandi costituzioni. Ma nella storiografia attuale, nel contesto attuale, nel contesto culturale attuale, nel contesto umano attuale, questi documenti, se non altro per celebrare questo anniversario, la Conferenza Episcopale tedesca che aveva un’ottima traduzione e un ottimo commento dei 16 documenti del Concilio Vaticano II, ha preso la generazione dei docenti universitari giovani e ha approntato, con una spesa che ha sostenuto in toto la Conferenza Episcopale tedesca, ha ripresentato una nuova traduzione in tedesco dei 16 documenti, con tutto l’apparato critico che deve seguire questi documenti e cioè con le introduzioni, le note, eccetera eccetera.

Andando a leggere la teologia del XX secolo, ci sono questi due fatti importanti. Roberto Diodato prima suscitava una diversità di posizioni in rapporto all’affermare l’esistenza di Dio, la diversità voglio dire tra la teologia cattolica e la teologia evangelica. Ma un grande teologo protestante, specialista di Lutero, dice che la teologia cattolica e la teologia ecumenica che cosa sono? Sono due dialetti della stessa lingua. È così! Adesso, nel tempo del buddismo, è vero, ma il tempo della città in sostanza secolare, delle città plurali come sono le nostre città dove sono presenti appunto queste culture e sono presenti queste religioni, allora la teologia cattolica, non entriamo qui in quel problema che è stato prima giustamente indicato, e la teologia evangelica o la teologia protestante sono dialetti della stessa lingua, si devono apprendere. E quindi, per esempio, Moltmann è studiato anche nei seminari, e Rahner è studiato nelle università tedesche, ci sono corsi, ecco.

Ora la teologia si fa ancora più essenziale e si fa delle domande. Ma che cosa è il cristianesimo? Dove va il cristianesimo? Qual è il futuro del cristianesimo nella società? Devo dire che ho realizzato questa Antologia del Novecento teologico, che mi è stata richiesta da edizioni francesi, ma fatta in italiano. Cioè qui c’è la storia, la breve storia della teologia del XX secolo, ma poi sono stato sollecitato a riunire i testi essenziali, anche di filosofia, ci sono testi anche della storia della filosofia, ma ci sono poi anche delle antologie che danno i testi essenziali.

Per esempio, voglio leggervi un testo di Barth, che è stato citato. A che cosa serve la teologia? Anche la teologia serve a capire il proprio tempo. Certo, la scienza serve a capire il proprio tempo, la filosofia serve a capire il proprio tempo, la letteratura, le letterature servono a capire il proprio tempo. E anche la teologia, andiamo a colpo sicuro, voglio dire con Barth, questa è un’affermazione della dogmatica ecclesiale, la dogmatica della Chiesa, data 1938, prima che l’incendio si sviluppasse in Europa. Il Terzo Reich di Adolf Hitler crollerà scontrandosi con la verità dell’affermazione dell’unicità di Dio. C’è per esempio, nel 1938, questa previsione del crollo del terzo Reich che si apprestava a incendiare l’Europa e il mondo. È un esempio su questo testo.

Ma prendiamo un altro testo di Bonhoeffer, il grande Bonhoeffer, membro della Resistenza tedesca. Dalla cella 92 della prigione di Berlino manda delle lettere che sono state poi pubblicate, lettere che sono certamente un libro teologico; ma, per dire anche, uno dei testi… Doveva celebrare un battesimo Bonhoeffer, il battesimo del figlio di un suo discepolo cui mandava queste lettere e che aveva sposato, ma essendo in prigione non poteva e non ha potuto celebrare. Questo ragazzo oggi me lo hanno fatto venire e me lo hanno presentato, questo ragazzo avrà oggi 60-70 anni. Ha ricevuto questa lettera, pensieri per il battesimo: “La nostra Chiesa che in questi anni ha lottato solo per la propria sopravvivenza, come fosse fine a se stessa, è incapace di essere portatrice per gli uomini e per il mondo della parola che concilia e redime”. È la parola del Vangelo. “Perciò le parole di un tempo devono perdere la loro forza e ammutolire e il nostro essere cristiani oggi consisterà solo in due cose, nel pregare e nel fare ciò che è giusto tra gli uomini. Ogni pensiero, ogni parola e ogni misura organizzativa, per ciò che riguarda la realtà del cristianesimo devono rinascere da questo pregare e da questo fare”. Qui propone appunto un ripensamento delle parole essenziali del cristianesimo.

Vi sono quattro movimenti che sono stati già illustrati. Ma li vorrei ridurre a due. Come è stata la teologia del XX secolo a due? Innanzitutto, come è stata illustrata quella che si chiama la svolta antropologica in teologia, e cioè la teologia non deve semplicemente spiegare le verità della fede, ma le verità della fede, il pensiero della fede deve essere anche confrontato: sono due i poli per fare teologia, più che un cerchio con un centro è una ellisse che ha due fuochi, il fuoco della liberazione, ma anche il fuoco antropologico. Le verità della fede tendono a rispondere alle domande dell’uomo, tendono a rispondere alla civiltà che l’uomo appunto intraprende, devono rispondere all’esperienza: ecco la svolta antropologica. I due poli per fare teologia, le due polarità, la polarità della liberazione e la polarità antropologica, o la polarità culturale, o la polarità dell’esperienza: questo si chiama il metodo della correlazione.

Con questo metodo, con questa svolta antropologica la teologia è diventata vivace: è una dedizione al servizio dell’umano, cioè quindi una teologia biologica, una teologia che rinuncia talvolta, voglio dire, a quello che è il carattere scientifico, la scientificità della teologia. Si dice anche la scientificità è al centro della fede, ma questa scientificità è da sola un termine molto vasto, è il complesso delle conoscenze della fede. Il complesso delle conoscenze della fede si può chiamare anche scientia fidei, scienza della fede, ma la teologia si fa dialogo, la teologia si fa conversazione nella prossimità, è un conversare. Ed è un conversare che fa pensare. Che fa pensare, dà da pensare anche al filosofo che si muove con la sua razionalità, anche allo scienziato che si muove con la sua razionalità, anche al letterato che si muove appunto con la sua razionalità, eccetera. Ed è un arricchimento anche per il dialogo. Io cito qui il dibattito fra Habermas e Ratzinger che è molto noto.

Quindi, la teologia del XX secolo ha operato questa svolta antropologica per cui l’uomo è uditore della parola e quindi pratica il metodo della correlazione tra verità rivelata e le domande dell’uomo, i problemi dell’uomo. E quindi è una conoscenza, è un congresso di conoscenze al servizio dell’humanum, che è minacciato dalle forze disumanizzanti, questo è un pensiero di Bloch che dice che l’humanum è minacciato, e dell’humanumche deve essere trasferito nella sua radicalità e nella sua integralità di humanum, e questo è un pensiero di Ricoeur. Ecco, una teologia che è al servizio, che si mette al servizio dell’essere humanum, dell’humanum minacciato e di un humanum desiderato come pienezza di umanità.

È avvenuto un secondo movimento in campo teologico, abbiamo parlato prima dei quattro movimenti ma questi quattro movimenti riduciamoli a due per semplificare le cose. Il primo movimento è il movimento della dialogicità, il movimento della correlazione tra verità rivelata e i problemi antropologici.

Ma è avvenuta anche la svolta planetaria della teologia: una volta la teologia era europea, l’intervento sulla teologia si faceva in Occidente. E le lingue più importanti dell’Occidente erano la lingua francese e la lingua tedesca. Von Balthasar, che è stato citato, dice a un certo punto in un suo testo: noi dobbiamo ringraziare la lingua francese perché ci ha dato un’edizione critica dei Padri della Chiesa. Ecco, si ringrazia appunto la lingua francese per la collana “Sources Chretiennes” che ci ha dato i Padri della Chiesa con il testo originale, greco e latino, tradotto e interpretato e introdotto e annotato, eccetera. Poi dobbiamo ringraziare i tedeschi per i commenti che ci hanno fatto sulla Bibbia. Ecco le due lingue in cui si faceva teologia, in modo particolare la lingua francese e la lingua tedesca. Ma in questo momento, per esempio, sono tante le scuole degli Stati Uniti, le biblioteche degli Stati Uniti in campo biblico, ci sono anche traduzioni in lingua italiana, ma in campo biblico gli statunitensi con la loro lingua stanno quasi battendo in campo biblico i tedeschi. Questo è un punto, voglio dire.

La teologia si faceva quindi in Europa e veniva poi esportata. Ma che cos’è avvenuto? È avvenuto il tempo della mondializzazione e ora si fa teologia anche in America latina, si fa teologia anche in Africa, si fa teologia anche in Asia. Qui ci sono grandi problemi, certamente. Si fa teologia anche in America latina, è arrivato anche il papa dall’America latina e la categoria che ha introdotto il Vangelo cristiano è l’opzione preferenziale per i poveri. Questo è il concetto della teologia della liberazione, svuotato, come dire, da tante cose, ma è l’opzione preferenziale per i poveri. Come per dire che la comunità cristiana diventa l’avvocato del povero, pone i problemi della povertà e dell’ingiustizia nell’umanità. Ecco, teologia della liberazione.

Poi la teologia africana. Noi abbiamo le nostre culture e quindi è una teologia che deve prendere conto delle nostre culture, la inculturazione. Noi abbiamo le nostre grandi lingue, cominceremo a fare teologia nelle nostre grandi lingue. Lo swahili, per esempio, è una grande lingua ed è importante. Ma già c’è il proposito da parte dei teologi africani di scrivere: noi scriviamo i nostri articoli nella nostra lingua, lo swahili. Sarà un lingua da apprendere perché è una grande lingua parlata anche da milioni e milioni di africani. E la lingua africana, oltre che la lingua araba dell’Africa, è lo swahili. Quindi c’è anche questo problema, voglio dire, linguistico che è nato quando un missionario belga, Placide Tempels, tra gli anni ’20 e gli anni ’30 ha scritto un libro che ha fatto rumore, La philosophie bantu e i Bantu sono i neri al di sotto dell’Equatore e hanno una loro filosofia, una loro cultura, e quindi l’evangelizzazione dovrà tener presente appunto quelle culture.

Infine, la teologia asiatica come problema del dialogo tra le religioni, le grandi religioni. Tutto questo comporta molte cose e comporta che il cantiere teologico è in effervescenza e che si continui su questa linea.

Sono stati indicati alcuni problemi, ma adesso facciamo il dibattito.

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