Il 26 settembre 2021 è stato beatificato a Bologna, in San Petronio, Giovanni Fornasini: ventinovenne sacerdote diocesano caduto il 13 ottobre 1944 per mano nazista, ‘ultima’ delle vittime di quell’eccidio di Monte Sole un tempo impropriamente identificato come “strage di Marzabotto”.
Un evento con il quale riceve sigillo ufficiale la “risalita a Monte Sole” compiuta nei decenni, non senza iniziali timori, silenzi e forse contraddizioni, dalla Chiesa di Bologna. Eppure è anche un evento di più ampia portata, segnato dalla presenza in basilica di laicissimi testimoni oculari di quei giorni – chiamati ad alzarsi, durante la celebrazione, in un gesto carico di significato anzitutto storico e comunitario –; è un evento che rinvia a fatti, spesso problematici, all’intersezione mai definitivamente conquistata tra storia e memoria, tra parole e silenzi, fatti e omissioni; e che si nutre di scelte che molto hanno a che fare con il vivere civile, con cosa è o dovrebbe essere ‘comunità’ anche in epoca di contrapposizioni feroci, con l’insopprimibile valore della persona al di là di ogni suo merito.
Attraverso il contributo autorevole del prof. Luca Baldissara, grande esperto dei fatti di Monte Sole e storico dell’Università di Pisa, e la partecipazione di don Angelo Baldassarri, studioso fine conoscitore di luoghi e vicende, il Circolo Dossetti di Milano sceglie di inaugurare questo XXIII Corso di formazione alla politica risalendo a propria volta – si vorrebbe dire “laicamente” e con la fatica del “peso dello zaino” –, su quelle alture dell’Appennino bolognese custodite dalla testimonianza orante della Piccola Famiglia dell’Annunziata fondata proprio da Giuseppe Dossetti. Sono alture ove oggi risuona forte – e interpella le coscienze – il monito di Dossetti stesso ad addentrarsi al fondo della storia là ove essa è più sfidante; a patirne le ferite in prima persona; a modulare l’azione senza sottrarsi a ciò che ha forza imperativa non perché sia necessitante, ma perché fortemente sfidante la libertà del singolo e della comunità cui appartiene.
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Il 26 settembre 2021 è stato beatificato a Bologna, in San Petronio, Giovanni Fornasini: ventinovenne sacerdote diocesano caduto il 13 ottobre 1944 per mano nazista, ‘ultima’ delle vittime di quell’eccidio di Monte Sole un tempo impropriamente identificato come “strage di Marzabotto”. Un evento con il quale riceve sigillo ufficiale la “risalita a Monte Sole” compiuta nei decenni, non senza iniziali timori, dalla Chiesa di Bologna.
Eppure è anche un evento di più ampia portata, segnato dalla presenza in basilica di testimoni oculari di quei giorni – chiamati ad alzarsi, durante la celebrazione, in un appello carico di valenza anzitutto storica e comunitaria –. È un evento che rinvia a fatti, spesso problematici, all’intersezione mai definitivamente acquisita tra storia e memoria, parole e silenzi, fatti e omissioni; e che si nutre di scelte che interpellano il vivere civile, cosa è o dovrebbe essere ‘comunità’ in epoca di contrapposizioni feroci, l’insopprimibile valore della persona al di là di ogni suo merito.
Quando alla fine del settembre 1944 la Sedicesima Divisione corazzata Panzergrenadier Division “Reichsführer” – SS subentra all’esercito regolare della Wehrmacht, dilaga nel territorio e il 29 settembre sale quindi sulle alture uccidendo e devastando, quella zona appenninica considerata sino a poco prima sicura sia dai partigiani della “Stella Rossa” sia dalla popolazione si trasforma non solo nel teatro di uno dei più efferati eccidi che la storia del Secondo Conflitto Mondiale conosca, ma più profondamente e radicalmente in un territorio dove l’umano pare essere condotto al suo punto-limite: sia per la brutale violenza degli uni, sia per il conclamato eroismo di altri.
Come ebbe poi modo di dichiarare un ex partigiano piemontese anche in riferimento ai fatti di “Monte Sole / Marzabotto”,
le atrocità fatte da intere formazioni su intere popolazioni […] esulavano dalla nostra capacità di capire che si potessero fare cose così mostruose. Ad esempio, i fatti di Marzabotto […]. Noi non ci credevamo perché da noi avevano bruciato sì interi paesi, ma non avevano fatto cose del genere[1]:
sono dunque “fatti” che non rispondono solo a (lucide e aberranti!) strategie di azione, ma più profondamente interpellano l’intelligenza, chiamata a scontrarsi con qualcosa di troppo vasto e terribile per poter essere davvero creduto.
In quei luoghi, accade pertanto che al silenzio esito delle stragi si cominci a intrecciare il disorientamento delle coscienze: se a Monte Sole in molti risaliranno – in tempi e modi diversi, ora per appropriarsene ora per ‘riconciliarvisi’ – sono molti anche coloro che tenderanno a proiettarvi letture forse poco pertinenti al reale svolgersi degli eventi. Dove la ragione umana non riesce a credere, essa può modificare, colmare, immaginare e quasi rifare da capo. A Monte Sole, però, questo ha avuto conseguenze di non poco conto se è vero – come leggiamo – che:
Lo stesso processo a Reder [ufficiale nazista imputato della strage] del 1951 è permeato di questa logica: al di là dei fattori giuridici di rilievo nella definizione criminale della condotta militare dell’ufficiale nazista, farne il responsabile unico significa individuare un uomo che possa essere elevato a simbolo di quel modo specifico di «fare la guerra», all’incrocio tra ideologia e politica, perversione e deviazione. Con il risultato, però, che il massacro ne esce cristallizzato in un tragico monumento al martirio, la conoscenza dei fatti messa al margine, l’attribuzione di responsabilità penali estremamente limitata. E ciò consente l’accumularsi in strati successivi di luoghi comuni e «correzioni» di memoria, adattamenti spesso inconsapevoli, smottamenti del ricordo e perfezionamenti del racconto in un tutto coerente e plausibile: le contraddizioni nelle versioni fornite in occasioni diverse e a distanza di tempo dai testimoni, gli stessi scampati, ne costituiscono la prova evidente[2].
Monte Sole educa quindi ed esige oggi, in chiunque gli si avvicini, anzitutto la disponibilità ad ascoltare per capire. A ragionare sospendendo il giudizio. A bilanciare prospettive diverse nell’umiltà di riconoscere che le contrapposizione ideologiche non possono restituire tutta la verità su quel «piccolo mondo antico»[3] poi travolto dalla bufera ma dove i confini erano allora più sfrangiati di ciò che oggi si ritiene: dove i preti erano preti di tutti, “lontani” compresi; dove la Brigata Stella Rossa rifiutava per volontà del suo comandante Mario Musolesi “il Lupo” commissari politici del CUMER mentre vi erano una componente cattolica e alcuni inglesi; e dove assai spesso – come nel caso di tanti laici – il discrimine tra la vita e la morte si giocava nelle risposte che un uomo cercava dinanzi alla propria coscienza, più che sul fronte di battaglia cui formalmente apparteneva o meno.
Così, c’è Paolo Calanchi che si sa innocente e rimane davanti alla propria abitazione e viene ucciso, mentre si sarebbe magari salvato scappando ‘come un traditore’. Ci sono due coniugi che decidono di uscire allo scoperto e aiutano nella pietas verso le vittime. Ci sono partigiani che scendono verso la chiesa dei Santi Michele Arcangelo e Pietro di Salvaro retta dal “vescovo della montagna” Mons. Fidenzio Mellini a chiedere una messa di suffragio per un compagno caduto, e risparmiano la vita a un tedesco sorpreso solo. C’è la SS che dopo avere appena ucciso un bambino risparmia la sorella di Cornelia Paselli perché assomiglia alla sua fidanzata e in quegli occhi vede forse, per la prima volta dopo tempo, non un “informe” da disprezzare o un nemico da sopprimere, ma semplicemente una persona. Ci sono donne coraggiosissime che – proprio ove la violenza inferisce in prevalenza contro la vita al suo nascere (i bambini), al suo morire (gli anziani) o contro le vite in cui la vita stessa si forma dai suoi inizi (donne giovani, e non poche mamme) – attestano una forza più che virile: suor Alberta Taccini che accompagna le SS in una perlustrazione rischiosa e con immenso coraggio riesce a non tradire l’emozione dei circa 70 uomini nascosti a pochi metri, e più tardi verrà picchiata con rabbia e disprezzo, è solo una di loro. Ci sono, anche, uomini che salgono sulle alture o si nascondono, e pretini invece giovanissimi che restano gli unici maschi a contrapporsi alle SS, muovono magari incontro ad esse o comunque le affrontano, sono uccisi.
Monte Sole teatro dunque di guerra e di stragi. Di confini netti e frastagliati insieme. Monte Sole “Appennino” in cui all’altitudine cui ci si situa è legata la sorte che si ha (più a valle rastrellamenti e ritorsioni, ma non l’eccidio; sulle alture il massacro; nel mezzo un’area ampia che dischiude a iniziative e scenari diversi): eppure luogo in cui questa altitudine è “altezza” – «altezza» se vogliamo nell’accezione di Viktor Frankl, cioè l’urgere di un significato per cui spendere e persino esporre la propria vita anche distanziandosi dai propri bisogni immediati, intimo valore spirituale (pur se non necessariamente “confessionale”) dell’uomo –.
Attraverso il contributo autorevole del prof. Luca Baldissara (grande esperto dei fatti di Monte Sole e storico dell’Università di Pisa) e la partecipazione di Angelo Baldassarri (presbitero dell’Arcidiocesi di Bologna, studioso fine conoscitore di luoghi e vicende) il Circolo Dossetti di Milano sceglie di inaugurare questo XXIII Corso di formazione alla politica risalendo a propria volta – si vorrebbe dire “laicamente” e con la fatica del “peso dello zaino” –, su quelle alture dell’Appennino bolognese custodite dalla testimonianza orante della Piccola Famiglia dell’Annunziata fondata proprio da Giuseppe Dossetti. Sono alture ove oggi risuona forte – e interpella le coscienze – il monito di Dossetti stesso ad addentrarsi al fondo della storia là ove essa è più sfidante; a patirne le ferite in prima persona; a modulare l’azione senza sottrarsi a ciò che ha forza imperativa non perché sia necessitante, ma perché fortemente sfidante la libertà del singolo e della comunità cui appartiene.
Se di Dossetti che torna a essere voce e monito della politica italiana in un suo decisivo passaggio degli Anni Novanta si scrive – e il libro di Angelo Baldassarri riporta queste parole –:
O lo faceva lui, o nessun altro avrebbe potuto farlo allo stesso modo. Dunque lo doveva fare per forza, c’era uno stato di necessità storica, a cui lui non si poteva sottrarre, consacrato, laico, prete o monaco che fosse,[4]
tale disponibilità ad esporre il proprio nome, la propria buona fama e persino la vita è infine il gesto compiuto da quanti a Monte Sole nel 1944 hanno scritto la storia e di cui la comunità stessa di Dossetti è memoria viva. In tanti che vengono uccisi – e ricordo qui alcuni sacerdoti, Giovanni Fornasini in particolare – c’è come una giustizia che, al di fuori di ogni retorica, si è infatti espressa sino a portarli ad apparire non giusti, non prudenti, non innocenti. Eppure lo erano, e proprio perché tali, hanno potuto scegliere così:
Aiutare le persone significò compromettersi e portare la colpa di aver collaborato con i ribelli. Stando con la gente si esposero all’accusa di essere ribelli e non si tirarono indietro: il bene delle persone fu per loro più importante che salvaguardare un’immagine di imparzialità che li avrebbe forse salvati, separandoli però dalle persone a cui si erano dedicati […]. I preti di Monte Sole, condividendo la colpa di cui la gente viene accusata, ne manifestano l’incolpevolezza. Il loro comportamento si distingue così da quello di chi «pone la propria innocenza personale al di sopra della responsabilità per gli uomini ed è cieco nei confronti della colpa più disperata in cui così incorre, cieco anche nei confronti del fatto che l’innocenza reale dà prova di sé proprio entrando in comunione con la colpa dell’altro uomo per amor suo»[5].
Idealmente accompagnati sui luoghi anzitutto dall’esatta ricostruzione dei fatti e delle dinamiche, con la bicicletta di Giovanni Fornasini e il carisma di Giuseppe Dossetti, anche noi oggi possiamo “risalire a Monte Sole” alla riscoperta delle radici dossettiane del Circolo. Per agire il nostro tempo, anzitutto stando in esso.
Lodovica Maria Zanet
[1] Luca Baldissara, Paolo Pezzino, Il massacro. Guerra ai civili di Monte Sole, Il Mulino, Bologna 2009, p. 14. Qui e a seguire, corsivi nostri.
[2] Ivi.
[3] Questo “piccolo mondo antico” è ben descritto, attraverso la vicenda di una donna e i suoi ricordi, in: Cornelia Paselli, Vivere, nonostante tutto (a cura di Alice Rocchi), Zikkaron, Marzabotto (Bologna) 2021.
[4] Angelo Baldassarri, Risalire a Monte Sole. Memorie e prospettive ecclesiali, Introduzione di Daniele Menozzi, Zikkaron, Marzabotto (Bologna) 2019, p. 324.
[5] Ivi, p. 366. La citazione interna è tratta da Dietrich Bonhoeffer, Etica, Queriniana, Brescia 1995, p. 204.
i luoghi
Parco di Monte Sole:
le storie e i dati
i riferimenti bibliografici
- Paolo Pezzino, Luca Baldissara, Il massacro. Guerra ai civili di Monte Sole.
- Luciano Gherardi, Le querce di Monte Sole (con Prefazione di Giuseppe Dossetti).
- Angelo Baldassarri, Risalire a Monte Sole.
- Angelo Baldassarri, Ulderico Parente, Far tutto, il più possibile.
- Per conoscere Giovanni Fornasini: Circoli Dossetti, martire a Monte Sole
- Per conoscere una storia semplice, quella di Cornelia Paselli
le proposte
Monaci Dossettiani:
l’eredità viva
A sinistra:
«Tu ci hai scelto per essere in un equilibrio strano. Un equilibrio che non può stabilirsi né tenersi se non in movimento, se non in uno slancio. Un po’ come in bicicletta che non sta su senza girare, una bicicletta che resta appoggiata contro un muro finché qualcuno non la inforca per farla correre veloce sulla strada. […]»
(Parole di Madeleine Delbrêl, bicicletta di Giovanni Fornasini.)
Sotto:
Giuseppe Dossetti riceve la pisside forata dai proiettili tedeschi il 29 settembre 1944, giorno dell’uccisione del sacerdote Ubaldo Marchioni e di troppe vittime innocenti.
File audio da scaricare (clicca sul link)
1 – Luca Caputo presenta il corso e la lezione – 7:06
2 – Lodovica Maria Zanet introduce don Angelo Baldassarri e Luca Baldissara – 18:52
3 – Relazione di Luca Baldissara, prima parte – 31:58
4 – Relazione di don Angelo Baldassarri, prima parte – 23:48
5 – Relazione di Luca Baldissara, seconda parte – 24:59
6 – Relazione di don Angelo Baldassarri, seconda parte – 8:24
7 – Interventi della famiglia Fornasini e prima serie di domande – 15:43
8 – Risposte dei relatori – 14:57
9 – Seconda serie di domande – 10:15
10 – Risposte dei relatori, interventi e chiusura della lezione – 35:05