Segni e sogni

Nel momento in cui scriviamo, la nostra attenzione è rivolta ad un paio di questioni internazionali decisamente rilevanti, che lambiscono più o meno chiaramente le nostre frontiere.

Innanzitutto la situazione siriana, che pare giunta ad un punto di svolta decisivo: la preannunciata offensiva finale della coalizione siro-russa contro l’ultima roccaforte ribelle ad Idlib (sotto le insegne di un gruppo affiliato ad al-Qaeda), pare avere il potenziale per far cessare le ostilità ed infliggere l’ultima devastante ferita ad un Paese che non esiste più. Ricostruire questa terra, che era la culla di una delle più antiche società nazionali del mondo ancora in vita, e dove, forse non a caso, il mondo intero ha deciso di combattere un pezzo importante della sua Terza Guerra Mondiale, sarà un ulteriore terreno di scontro tra tutte le superpotenze mondiali, allineate alla rinfusa senza nemici chiari.

E poi la situazione africana, con un focus particolare sulla Libia: mentre si tiene un vertice tra il governo cinese e i rappresentanti dei 53 Stati africani, nel quale Pechino ribadisce la sua politica di espansione imperialista volta ad assorbire l’intero continente nelle proprie strategie politico-economiche, nella Tripolitania si svolge un altro conflitto che si presenta come decisivo, quello tra i due governi che oggi controllano l’ex colonia italiana, dove nessuna opera di diplomazia pare più in grado di normalizzare la situazione ed avviare un processo di ricostruzione democratica.

La sensazione è quella, se non di una apocalisse geopolitica imminente, quantomeno di un enorme ed epocale riassetto di posizioni di forza sullo scacchiere globale.
Una guerra, questa, che l’Europa sta perdendo, e che l’Italia non ha dato sufficientemente segno di voler nemmeno combattere.

Non si fa fatica, per quanto ci riguarda, a spiegarsene il motivo, se ci si sofferma ad osservare alcuni segni in giro per il nostro Paese: segni visibili nei comportamenti spiccioli di un popolo, ci sia perdonata la -addolorata- reprimenda, largamente infiacchito, viziato e grasso, privo di speranza e di una prospettiva definibile come l’orizzonte di una comunità di destino.

Lo specchio di un Paese governato -più a parole che a fatti- dall’esecutivo gialloverde con la logica della caccia al nemico (efficace ma cattivo modo per distrarre la popolazione), e da questo pasciuto nei suoi vizi peggiori, dal cinismo all’indifferenza, dall’individualismo all’invidia, ci si manifesta nelle vesti dell’irresponsabilità dei garantiti da un welfare non più sostenibile e degli evasori fiscali incalliti: in modo diverso (e ben più che quei 20-30enni di cui spesso si dice non capiscano nulla delle buone cose di una volta, ma che forse hanno capito fin troppo), due fette di quell’Italia ribelle ed egoista il cui modo privilegiato di rapportarsi con la classe dirigente consiste nel misurare quanto la classe dirigente le concede o riconosce.

Non è forse un caso che la formula magica, collante dell’attuale esecutivo, sia consistita nel mettere insieme i due punti di programma, grazie ai quali i partiti di governo hanno stravinto le scorse elezioni: il combinato (irrealizzabile) disposto di uno stipendio di cittadinanza per i senza lavoro e di una tassazione risibile per i più ricchi.

Due sogni proibiti, soldi senza lavoro e redditi senza tasse, sono così il segno di un Paese senza più alcuna speranza, tronfiamente aggrappato agli sporadici exploit di quei pochi alfieri del genio italico, che con coraggio -ma anche loro senza alcuna speranza nel sostegno pubblico- portano avanti il proprio, personale, sogno.

Di questo scenario da fine impero, in cui in tutto l’Occidente ognuno cerca di salvare il proprio salvabile ed erige mura contro i nemici esterni (ma sono le mura sbagliate contro i nemici sbagliati), ci sembrano segni eloquenti i tanti strilloni politici, capipopolo per cinque minuti, la facilità con cui è possibile diffondere il panico e scatenare atteggiamenti parossistici nelle persone, la creduloneria diffusa, i rimedi medici fai-da-te, i linciaggi (mediatici e morali), i tentativi di farsi legge e giustizia da soli in qualunque campo.

Il sogno di una civiltà europea capace di essere non più arrogante dominatrice, ma guida credibile di un mondo migliore molto più grande di sé, pare naufragare nella incapacità dei suoi governanti rispetto ai processi migratori e geopolitici che interessano il Mediterraneo e l’Africa, nella inettitudine rispetto al sogno di una grandezza che sia condivisa e complessa e non l’estensione della propria, anche quando chi arriva parla la nostra stessa lingua.

L’immagine dell’Italia, culla di una cultura millenaria ed erede di Roma, terra del genio e dell’innovazione, della pace e della brava gente, sfuma in quella dei materassini gonfiabili sequestrati su spiagge devastate dall’incuria del territorio, nelle persecuzioni verso gli ultimi, nel senso di sicurezza che viene solo dal non avere gli occhi e orecchie abbastanza buoni per scorgere i combattimenti in corso sulle sponde opposte del Mare Nostrum.

Luca Emilio Caputo

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2 commenti

    • Luca Caputo il 16 Settembre 2018 alle 13:48

    Personalmente non trovo molte ragioni per rimpiangere i tempi in cui la destra berlusconiana assorbiva la maggior parte della “pancia” degli alleati di governo, che poi è il contrario di quello che accade oggi.
    Detto in altri termini, dal mio punto di vista il fenomeno più preoccupante non sono i recettori dei voti, quanto invece la grandezza numerica e il vigore di quella Italia la cui pancia obbedisce ad istinti leggibili in termini di egoismo, irresponsabilità, consumo di ricchezza e di risorse pubbliche, e li persegue a prescindere da quanto male venga fatto agli altri.
    E ancor di più, l’incapacità di larghissimi strati della società italiana di pensare, in termini di futuro, di progettare il proprio futuro, di riconoscere valore al bene comune.

    Cordiali saluti

    • Aldo Musajo Somma il 6 Settembre 2018 alle 19:38

    Chi sa parlare alla pancia si accaparra il consenso Mister SALVINI ci fa rimpiangere la destra incapace e berlusconiana dei portaborse e delle vallettine

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