Formazione e geografia del pensiero contro la retorica e l’impressionismo politico.

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editoriale

Da tempo si rincorrono notizie in merito alle “azioni” svolte da gruppi politici della destra estrema che si manifestano come nostalgici di un ventennio che fu, e si proclamano come i soli interessati al benessere degli Italiani e della Nazione nel suo complesso, come difensori dei più deboli a condizione che siano italiani, come baluardo di difesa dell’ Italia contro le minacce straniere.

L’ impressione è che si tratti di un preoccupante fenomeno in crescita.

Usiamo il termine “impressione” non a caso, in quanto non è dato dire con certezza quanto si tratti della crescita solo del fenomeno (cioè di ciò che appare, della sua manifestazione esteriore) e quanto anche della sostanza del soggetto.

Per dirlo, bisogna avere dati precisi sulla consistenza numerica di aderenti e consenzienti.

E’ comunque di tutta evidenza che, il rimbalzo continuo fatto dai media e dai social media delle azioni (termine in qualche caso per giunta troppo lusinghiero o esagerato), amplifichi parecchio la percezione che del fenomeno si ha.
Informazione ed Esaltazione viaggiano, insomma, su binari paralleli, a volte troppo sottili e ravvicinati per garantire il mantenimento della giusta distanza tra di essi.

Volendo dire qualcosa di preciso bisogna, quindi, andare innanzitutto ai contenuti e ai significati.

Dismettere la pratica del necessario discernimento sarebbe, in questa sede, persino ingiusto, nei confronti dei tanti oggetti che -ciascuno con la propria specificità- gravitano in una galassia forse troppo facilmente classificata con termini che richiamano al fascismo o al nazismo. Sono, queste, due esperienze storiche nei cui confronti ciascuno di essi ha certamente una propria posizione ed è persino verosimile ritenere che, in qualche caso, si tratti di una posizione di comodo: utilizzare, cioè immagini e personaggi noti, sebbene molto distanti nel tempo, per darsi una visibilità e un mito fondatore che altrimenti sarebbero difficili da trovare.

Una specie di degenerazione del concetto di padre nobile, fatta peraltro per banali motivi di visibilità e di denaro.

Ciò che appare, quindi, necessario, alla crescita di questi soggetti, è una decisa semplificazione del quadro dei riferimenti culturali e valoriali di cui si dotano, e del messaggio veicolato.

Lavorare sulle impressioni per generarne altre, di rilevanza politica, siano esse positive o negative: questa ci sembra essere la strada da essi percorsa.

A questa logica delle azioni che suscitano impressioni, risponde troppo spesso una retorica fondata su parole d’ ordine (antifascismo, antinazismo, resistenza, spesso confuse con battaglie culturali più recenti quali l’antipaternalismo e difesa della legalità Costituzionale) che, concorrendo a semplificare il conflitto, rischia di non aiutare la comprensione del fenomeno ed, anzi, di alimentare la tendenza all’ impressionismo politico più che alla sua analisi.

Impressionismo e retorica sembrano dunque tenersi, facendo alla lunga il gioco di chi meglio può fare della semplificazione e della banalizzazione gli strumenti per una opera di sincretismo politico, per arrivare allo sdoganamento di concetti, singolarmente repellenti, in nome di qualcos’altro di più grande e sfumato.

I luoghi del confronto dialettico-politico odierno giocano, purtroppo, a vantaggio di chi ha interesse alla banalizzazione, e la pratica: messaggi brevi, semplici e d’impatto, azioni di breve durata, immagini, simboli suggestivi quanto ambigui, social networks, tutto sembra essere inevitabilmente un terreno loro favorevole.

La perdita di profondità della nostra conoscenza delle categorie politiche, della loro storia e della loro formazione, la grande permeabilità dei confini ideologici, aiutano senza dubbio chi, in nome della risposta ai bisogni più immediati delle fasce deboli, propone concetti, proclama “valori” e perpetra azioni che, presi singolarmente e analizzati nelle loro sfumature di senso, altro non sono che proposte di intolleranza, di esaltazione e pratica della violenza e della intimidazione, dell’ odio reciproco fra i popoli fatto passare per l’idea di una “Europa dei popoli” (s’intende: Europa dei popoli ciascuno a casa propria), di una mastodontica privazione di dignità per le persone.

E’ per questo che, oltre al mantenimento di una soglia di allarme piuttosto bassa rispetto a questi messaggi e comportamenti, e alla proposizione di opportune risposte pubbliche in difesa di quanti, singoli e gruppi, subiscano le violenze e le intimidazioni di questa non tollerabile confederazione degli intolleranti, riteniamo necessario approfondire un lavoro ad ampio spettro ma molto rapido e produttivo:

di studio e di ricerca sulle dinamiche prettamente sociali che rischiano di essere alla base di una nuova affermazione di queste forze politiche, nei campi del lavor e del welfare;
di analisi di senso sul significato degli stili di vita che oggi informano la nostra esistenza e si traducono in comportamenti e risposte di carattere sociale, politico, educativo;

di vigilanza da parte degli organi preposti, a che facciano rispettare i valori della Costituzione su cui si basa l’unica esperienza democratica della nostra storia;
di isolamento culturale e depotenziamento dei vettori di messaggi di odio, violenza e intolleranza presenti nelle istituzioni del Paese, dalle Forze Armate ai partiti politici, agli organi rappresentativi;
di proposizione di esperienze attive di solidarietà sociale e culturale, di dialogo, che mettano sempre la persona, e le relazioni tra le persone, al centro della nostra vita di cittadini, chiedendo in maniera organizzata che questa pietra angolare della nostra democrazia Costituzionale sia tutelata in tutte le decisioni politiche.

Ci sembra questo l’unico, efficace e non controproducente modo, per prevenire, dentro le società europee, la crescita delle ideologie dell’ odio e della intolleranza.

La storia insegna che è stato proprio lo scivolamento dell’ Italia su quei terreni a portarla incontro al proprio snaturamento e così al disastro, ad una resa senza condizioni alla fine di una esperienza bellica e storica fortemente condizionata.

Dalla mancanza di libertà alla cattività, dalla cattività alla cattiveria, come i latini ben sapevano, il passo è breve e naturale, semplice ed immediato come una parola: captivus.

Operare nello spirito della fraternità è invece, l’ unico, ragionevole e storicamente fondato, campo di azione anche per chi voglia fare davvero grande il proprio Paese e rendere onore al proprio popolo e alla propria nazione.

Alla propria patria.

Luca Emilio Caputo

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2 commenti

  1. Grazie a lei per le sue osservazioni.

    Credo che lei abbia indicato due tracce di lavoro importanti su cui è necessario spendere un grande sapere; che potrebbero, però, essere produttive a loro volta di nuovo sapere:

    1) su un piano più prettamente relazionale, la connessione tra conoscenza, ragione e sentimento come prodromo ad una comunicazione sensibile e sensata;
    2) su uno più marcatamente politico, invece, la consequenzialità tra il comunicare, l’agire e l’illustrare può essere una modalità utile per distinguere i messaggi.

    • Angela Caputi il 15 Dicembre 2017 alle 09:59

    Grazie. Condivido del tutto la sua riflessione.
    Sarebbe forse indispensabile che tutti ci ri-educassimo (dai massmedia alla scuola alle diverse forme di raggruppamenti sociali) a connettere conoscenza, ragione e sentimento, ed a comunicare usando un linguaggio non aggressivo né rissoso, fatto di contenuti, ma accessibile a tutti per chiarezza e semplicità , senza fumisterie genericamente ideologiche. E forse sarebbe necessaria la consequenzialita’ tra il comunicare, l agire, l illustrare.

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