Il pensiero rapsodico è forse adatto a confrontarsi con una stagione storica monsonica. Dove i generi si mischiano perché si sono fatti confusi i confini tra le discipline e le regioni reali: una ostentazione perfino eccessiva, e talvolta nauseante, dei ritmi della “società liquida”.
Per questo le prove del pensiero non possono essere inferiori a quelle di un tentare tantonando che l’esistenza consente a chi non rinuncia a quel po’ di verità che ci è concesso di cogliere nelle nostre brevi esistenze.
Non se ne può più infatti di questa allucinazione dei contemporanei, della loro interminabile salivazione via video. L’ultimo nome del vitello d’oro è visibilità. Se non sei visibile (in televisione) non esisti, almeno politicamente parlando.
E, sempre più, quel che vale per la politica rischia di valere per altre regioni della professionalità: rischia di valere per l’intera vita.
C’è dunque bisogno di coraggio a vivere nell’ombra.
Ci vuole più determinazione a stare dietro le quinte (a lavorare) che a sorridere di un sorriso perennemente stampato sul proscenio. È l’ascesi di Cirano.
Nessun sistema da ostentare, ma i tentativi, pur rapsodici, di dar conto di quel che si offre a una critica modesta ma insonne.
La situazione dev’essere opportunamente rovesciata. Il coraggio di andare controcorrente, di rifiutarsi di aggiungere conformismo a conformismo, è il solo a conferire dignità a un progetto di studio e di vita.
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