In ricordo di un “santo minore”

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Giovanni Bianchi

E’ certo un fatto altamente simbolico che don Raffaello Ciccone se ne sia andato alla vigilia del Primo Maggio: particolarmente cara gli era questa festa, poiché particolarmente caro gli era il mondo del lavoro, anzi i lavoratori, le persone impegnate nell’attività lavorativa, alle cui istanze partecipava con passione e competenza.

Entrato giovanissimo nei Seminari milanesi era stato ordinato sacerdote nel 1958 per le mani di mons. Giovanbattista Montini: suo compagno di corso era il futuro cardinale Dionigi Tettamanzi. Venne assegnato alla parrocchia di Santo Stefano a Milano – la parrocchia delle ACLI, visto che via della Signora ricadeva e tuttora ricade nel suo perimetro- allora vasta e abitata prevalentemente da persone di estrazione popolare.

Rimase lì vent’anni come coadiutore, ed ebbe modo di assistere da lì ai forti cambiamenti che Milano, l’Italia e la Chiesa stavano subendo. Gli anni del Concilio, poi quelli della contestazione studentesca ed operaia, che lui poté conoscere direttamente da vicino come assistente degli studenti e come collaboratore del primo embrione della Pastorale del Lavoro costituito da don Cesare Pagani su impulso del card. Montini, poco prima che questi diventasse papa Paolo VI e chiamasse don Cesare a Roma come Assistente generale delle ACLI.

La sua umanità profonda e cordiale, su cui si innestava una fede straordinaria, lo resero interlocutore ascoltato e fidato di persone dall’estrazione più diversa, dai dirigenti sindacali ai rappresentanti della Curia ambrosiana, dai giovani contestatori a quei preti – come don Cesare Sommariva che lo ha preceduto in Cielo – che scelsero per sé la vita operaia. Nello stesso tempo, la realtà sociale in cui era inserito cambiava profondamente, e la grande parrocchia di Santo Stefano riduceva sempre di più la sua ampiezza nel momento in cui i vecchi abitanti venivano respinti verso la periferia e gli uffici prendevano il posto delle case di ringhiera. Nel 1979 don Raffaello veniva chiamato a responsabilità parrocchiali, prima a Milano, nella parrocchia “rurale” di Santa Marcellina in Muggiano, e successivamente a Legnano. Da lì non mancò mai la sua attenzione ai problemi del lavoro, e continuò la sua collaborazione con la Pastorale del lavoro, diretta prima da don Piero Galli e poi da don Angelo Sala.

Alla successione di quest’ultimo venne chiamato nel 1995 dal card. Carlo Maria Martini, che lo stimava particolarmente, e che contemporaneamente gli affidò la cura pastorale delle ACLI, dopo che don Gianfranco Bottoni era passato ad altro incarico. Con lui gli aclisti si trovarono subito una straordinaria sintonia, e fino ad oggi egli ha accompagnato la vicenda del Movimento sotto le presidenze di Lorenzo Cantù (cui lo legava grande amicizia e che rimase collaboratore della Pastorale del Lavoro fino, praticamente, alla vigilia della sua morte), Gianbattista Armelloni, Gianni Bottalico e Paolo Petracca.

I suoi anni alla Pastorale del Lavoro furono gli anni della grande ristrutturazione industriale, dei licenziamenti di massa, del passaggio definitivo dal modello di produzione fordista all’epoca della flessibilità e della finanziarizzazione dell’economia: egli interpretò il suo ruolo in spirito di solidarietà indefettibile nei confronti dei lavoratori , che si sposava con la sua grande passione per la Parola di Dio che settimanalmente commentava nelle Messe del mercoledì presso la cappellina di via della Signora . Erano momenti di grande intensità spirituale, e sarebbe bene che qualcuno si incaricasse di sbobinare e raccogliere quei testi che fornivano un sostanzioso nutrimento allo spirito.

Da qualche mese aveva manifestato crescenti difficoltà di vista, che lo spinsero, non più tardi del 1 aprile scorso, ad annunciare che quella Messa, la Messa del Mercoledì Santo, sarebbe stata la sua ultima fra gli aclisti. Poi è venuta la malattia, breve e fulminante, che lo ha portato alla morte.

Un nuovo nome si aggiunge ora alla schiera dei “santi minori” che , senza che spesso noi ce ne accorgiamo, si dipana come un filo d’oro in tutta la vicenda umana e la tiene in piedi, come quei giusti che non si poterono trovare a Sodoma. Noi ce li abbiamo, ed è per questo che il mondo sopravvive.

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3 commenti

    • alberto dafarra il 4 Maggio 2015 alle 19:50

    Caro Don Raffaello
    ci hai lasciati proprio alla Festa dei Lavoratori, compagni di vita nella laboriosa Sesto , a cui hai dedicato con passione la tua intera esistenza,lottando contro ingiustizie,sofferenze e diseguaglianze sociali.
    Della tua figura di uomo e di sacerdote consigliere dell’anima,ricordiamo la tua sempre attiva presenza,l’ascolto, la pazienza del consolatore,le tue sempre puntuali Lettere di Natale ed i tuoi paterni auguri di Buon Cammino.
    Ti accompagnino le nostre preghiere, mentre ti avvi sereno verso il campo fiorito dei Giusti ,dove ti accoglierà il Buon Dio
    Alberto

    • Guido Mauri il 4 Maggio 2015 alle 19:24

    La nostra amicizia cominciò per caso alla fine di una riunione in via Della Signora. La MM in San Babila fino a Marelli e poi a casa sua a Sesto. Quando “tutto finiva” noi cominciavamo a camminare insieme e a dialogare, mentre la nostra amicizia cresceva. I temi che poi sarebbero apparsi sul Foglio, la sua passione. E i commenti al vangelo della domenica, continuati per telefono. La chiesa di San Giovanni l’avevo vista costruire, al confine della allora sede degli scout. Ultimamente faceva fatica a salire in casa. Un appartamento povero come lui. Santo minore ma aggiungerei anche povero. Poco tempo fa mi regalò il libro con la storia dei primi passi della parrocchia di s. Giovanni con la foto del nostro assistente di allora, prete con una storia difficile. Sono certo che dalla Casa del Padre continuerà a seguirci ma ugualmente sento mancanza del fitto dialogare con lui. Fino a Sesto.
    Chiudo con il suo auguri di Natale :
    Il Signore, su ciascuno di noi, ha grandi progetti. Nella sua libertà e nella nostra abbiamo un cammino prezioso da fare insieme, perché questo mondo sia sempre più liberato. Sono i miei auguri. don Raffaello.

    • Achille Pellegata il 4 Maggio 2015 alle 18:10

    Sono veramente addolorato per la perdita di questo sensibile amico personale come pure grande amico delle Acli e del M.O. nei suoi più difficili momenti. Non verrà mai dimenticata la sua sensibilità e la sua attenzione ai più deboli e emarginati. Lo ricordo anche come compagno di strada nell’attenzione e nell’ascolto ai problemi spirituali e sociali del momento…
    Certamente allungherà la schiera dei “santi minori”, già così folta, e in questa figura lo penseremo, indimenticabile.
    Ciao, don Raf., arrivederci!
    Achille

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