All’inizio di novembre del 1918 la situazione militare della Germania era disastrosa: gli eserciti alleati dilagavano ovunque, gli alleati turchi ed austro-ungarici avevano ceduto di schianto ed i loro imperi si stavano disgregando, mentre ormai a Berlino ed in altre città dilagava la rivolta motivata dalla fame e dall’autentica indignazione di un’opinione pubblica a cui per anni era stato raccontato che la vittoria era a portata di mano e scopriva ora di essere sull’orlo della catastrofe.
In un drammatico consiglio di guerra svoltosi al quartier generale di Spa, nel Belgio occupato, il Kaiser Guglielmo II , uomo irresoluto e di mediocre intelligenza al di là delle pose spavalde ed arroganti, oscillante fra propositi suicidi e sogni di resistenza ad oltranza, chiese ai suoi alti ufficiali cosa si dovesse fare. In un silenzio glaciale si alzò il maggior generale Wilhelm Groener, che da poco aveva sostituito il famoso Erich Ludendorff nel ruolo di Primo Quartiermastro della Reichswehr (come a dire il numero due dell’esercito dopo Hindenburg) e scandì queste parole: “La guerra è perduta, l’esercito rientrerà adesso in patria con ordine e disciplina ma non più agli ordini di Vostra Maestà poiché esso non ha più alcuna fiducia in Vostra Maestà”. Annichilito da quelle parole, che venivano da un esponente di quell’alta ufficialità Junker che era stata alla base del trono suo e dei suoi avi, il Kaiser salì sul suo treno speciale e partì per l’esilio in Olanda, da cui non sarebbe mai più tornato.
Domanda: si troverà un Groener fra gli alti ufficiali del Cavaliere di Arcore?
Non un eroe, non un disinteressato servitore del pubblico interesse, semplicemente una persona con un minimo di freddezza per vedere le cose come stanno e di autorevolezza per consigliare all’individuo più pernicioso della storia dell’ Italia contemporanea di togliersi finalmente di mezzo, visto che in Italia (magari meno, visto l’opera diuturna di disinformazione posta in essere da sicofanti spesso pagati con soldi pubblici) ed in Europa egli è considerato, oltreché una specie di zimbello, il vero ostacolo al risanamento e allo sviluppo economico d’ Italia ed un rischio per l’intera eurozona.
Così finisce, a quanto pare, il “miracolo italiano” annunziato nel 1994 fra mortaretti e fanfare: finisce con un funerale di terza classe, e con un dramma che può degenerare in tragedia se il sipario non cala il più rapidamente possibile.
Rimarranno le macerie, che dovranno essere spazzate con fatica e con cura, macerie non solo economiche e materiali ma anche e soprattutto morali perché il berlusconismo è stato essenzialmente un movimento di corruzione generalizzata dei costumi e della mentalità del Paese.
Qui si vedrà anche la capacità dell’opposizione, alla quale non basterà ripetere – per tornare ai paragoni storici – la famosa intimazione di Cromwell ai nullafacenti del Long Parliament: “In nome di Dio, andatevene!”. Una volta conseguito tale risultato, ci sarà solo da rimboccarsi le maniche.